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Le nostre differenze


Presentazione di Alfonso di Torino

La seguente intervista con Mansoor Hekmat è dell'autunno 1989. Ci sono due parti dell'intervista: la prima affronta tematiche del proletariato e del comunismo a un livello generale; la seconda si concentra su problemi più specifici riguardanti la sinistra iraniana e in particolare il Partito Comunista d'Iran. Questa seconda parte è stata tagliata - in particolare la discussione su questioni organizzative. Ogni riferimento qui al "partito" è al Partito Comunista d'Iran. (il comunicato sulla formazione del Partito Comunista Proletario d'Iran è in appendice a questa intervista).
 



D: 11 rapporto "La situazione internazionale e lo stato del comunismo", che esamina la crisi e il declino dei socialismi borghesi, descrive il comunismo operaio come l'unica corrente che ha buone prospettive di progredire alle condizioni attual cioè le condizioni della disintegrazione dei socialismi borghesi e di una massiccia offensiva della borghesia contro il socialismo. Solo pochi mesi sono passati dalla adozione ditale documento nel III Congresso del nostro partito, e già gli eventi si sviluppano a una velocità eccezionale gli avvenimenti in Polonia, la disintegrazione della Yugoslavia, i rivolgimenti ungheresi, sviluppi molto rapidi nella stessa Unione Sovietica, e di recente le sollevazioni di massa seguite da sanguinosa repressione in Cina. Potevi immaginare che il processo si sviluppasse tanto rapidamente? Già il termine "la crisi del comunismo ", agitato dai commenti attuali dei mass media borghesi occidentali, è diventato uno slogan. Quale è il tuo punto di vista sui recenti avvenimenti?

Mansoor Hekmat: Penso che gli eventi degli ultimi mesi hanno confermato, meglio di ogni argomento che avessimo potuto avanzare al IlI Congresso, la correttezza delle nostre analisi nel rapporto che presentammo. Non che in quel rapporto anticipassimo un lungo periodo per quei cambiamenti, ma la rapidità dei recenti eventi è veramente sbalorditiva.

Gli sviluppi in URSS e blocco orientale, da un lato, e i recenti eventi in Cina, dall'altro, mostrano differenti aspetti del corso generale della eclissi del socialismo borghese. Ci sono importanti differenze tra di loro che non dobbiamo sottovalutare. Come campo socialista borghese, un "polo" nel cosiddetto movimento comunista, il socialismo borghese in Cina era andato fallito molto presto. Il maoismo subi la sconfitta e lasciò la scena politica negli anni '70. L'abbandono da parte della Cina postmaoista di pretese socialiste era da tempo confermato. Gli eventi attuali in Cina indicano piuttosto il conflitto cjrca l'adattamento materiale della struttura politica e amministrativa della Cina ai fondamentali orientamenti precedentemente realizzati in politica economica e ideologia. Vediamo qui il compimento di processi che li si erano già conclusi e avevano screditato il socialismo borghese, sia all'interno che all'esterno. in certo senso, questi eventi, con tutto il loro risalto, sono assai meno significativi dei cambiamenti nella società sovietica e l'impatto di questa internazionalmente. In URSS assistiamo a svolte epocali che, a prescindere dai loro effetti sulle relazioni economiche e politiche internazionali, chiuderanno il capitolo della corrente del socialismo borghese più importante che sia esistita finora. Gli sviluppi politici qui si sono dati a una velocità assai superiore a quella dei cambiamenti economici. Ma il processo irreversibile, che è andato avanti e che già ha portato alla rovina il modello statalcapitalista nella sua interezza, terminerà nella completa dissoluzione del cosiddetto campo socialista e la sconfitta del socialismo borghese sovietico. Non è un disastro che assilla soltanto i cosiddetti revisionisti; parallelamente al collasso di questa tendenza, tutte le altre tendenze pseudomarxiste non-proletarie che sono venute alla luce in base alla loro critica di questa corrente principale, anch' esse, a mio parere, arriveranno alla fine.

Si tratta della "crisi del comunismo" o della "fine del comunismo"? Veramente non vedo il mondo come terreno di battaglia di dottrine. La storia reale è storia di movimenti di classi, di movimenti sociali. Certamente "qualcosa" qui è collassato ed è finito. Questi sviluppi significano la sconfitta del movimento borghese statalcapitalista. E' la borghesia che lo presenta come comunista a milioni di persone. Questo movimento statalcapitalista è sorto accanto al movimento comunista vero e proprio, e sviluppandosi a stadi ben identificabili è riuscito a imporsi come il principale filone ufficiale del comunismo. Il movimento socialista degli operai, cioè un comunismo che simboleggia la lotta anticapitalista dei proletario nella società contemporanea, ha continuato la sua esistenza parallelamente al comunismo ufficiale, e sotto la supremazia della tendenza statalcapitalista è giocoforza passato per grandi sconfitte e sorti alterne. Questo è un altro movimento a cui far riferimento, alla maniera del Manifesto del Partito Comunista, come comunismo proletario. Il fallimento dei socialismo borghese in URSS e di conseguenza il declino di ogni altro socialismo non-proletario - dal nazionalriformismo di sinistra al populismo, eccetera - hanno aumentato la spavalderia anti-marxista della borghesia. Questo naturalmente pone anche il comunismo operaio sotto maggiore pressione ideologica. Ma la crisi del socialismo borghese né mina alle basi il comunismo operaio nè lo mette in crisi. Al contrario, come scrissi anche nel rapporto al Congresso, e spiegai nel seminario sul comunismo operaio alcuni mesi fa, un nuovo periodo di lotta comunista degli operai ci aspetta. Oggi l'asse portante di ciò che ufficialmente si chiama comunismo si sta di nuovo portando all'interno della classe operaia. Il comunismo operaio, quale movimento sociale, sta di nuovo trovando il suo vero posto nella società. Tale movimento ha una forza immensa. Contrariamente a coloro che hanno dichiarato la supposta fine di Marx e del marxismo, io osservo il prossimo decennio come il periodo del risorgere del marxismo, perché il movimento sociale che il marxismo rappresenta, cioè il movimento di protesta anticapitalista dell'operaio, sta ora raddrizzando la schiena dalla sconfitta dopo la rivoluzione d'Ottobre e dopo decenni di supremazia dei movimenti falsamente socialisti della borghesia. Non abbiamo bisogno di andare troppo lontano nel tempo. Credo che gli anni '90 saranno un decennio di crescenti lotte radicali della classe operaia nei centri industriali dell'Europa occidentale e dell'emergere di una nuova generazione di partiti comunisti .partiti comunisti della classe operaia. lo credo che il marxismo, quale profonda critica della società capitalista, e quale teoria, non è suscettibile di crisi. Persino i recenti avvenimenti fanno valere il marxismo. La teoria della rivoluzione degli operai può solo essere provata dal movimento dei proletari e dalla stessa pratica degli operai. Il collasso delle forze non-operaie che si sono aggrappate al marxismo per la causa di nazionalismo, democrazia, riforme e industrializzazione, non è che una conferma di questo fatto.

D: Sembra che il Partito Comunista d'Iran passa per importanti sviluppi insieme ai cambiamenti del mondo nel suo complesso. Non solo membri di partito, ma anche osservatori esterni che seguono la nostra letteratura, particolarmente nel periodo successivo al III Congresso, notano frizioni e persino conflitti all'interno del Partito. Il tuo rapporto al III Congresso e il tuo discorso, gli articoli pubblicati in Komonist riguardanti il lavoro organizzativo del Partito nella classe operaia e il nostro lavoro in Kurdistan, le discussioni riguardanti il membro operaio, e così via, tutto sta ad indicare che tali frizioni esistono. In che misura è rilevante la questione del comunismo operaio in questo contesto?

Mansoor Hekmat: Bene, come ogni altro vero partito politico, il Partito Comunista d'Iran ha fazioni; ha tendenze di sinistra, di destra e di centro. Il conflitto tra di esse è esistito in forme differenti fin dall'inizio. In realtà tali tendenze sono il risultato di pressioni e convinzioni sociali reali; ci dovremmo sorprendere se non esistessero. Ma negli ultimi anni, particolarmente durante lo scorso anno, la confrontazione e le spaccature tra di esse sono aumentate per ragioni politiche piuttosto comprensibili. Ciò non è solo direttamente correlato alla questione del comunismo operaio e alle nostre discussioni in questo periodo ma, in ultima analisi, è il riflesso delle stesse realtà sociali e politiche di cui ti dicevo in risposta alla domanda precedente.

La discussione del comunismo operaio non è una conclusione che si ricava dalle vicissitudini del Partito Comunista d'Iran. Piuttosto, è una spiegazione dei problemi più di fondo del comunismo contemporaneo. Indipendentemente dal corso del movimento del Partito Comunista d'Iran, questi problemi confrontano qualunque comunista, e devono essere affrontati da ogni comunista. Nonostante ciò, il comunismo operaio è una discussione e una concezione che è stata proposta dalla tendenza di sinistra nel partito. E una critica delle convinzioni, vedute e metodi delle altre tendenze; una critica delle condizioni che queste tendenze hanno imposto al Partito Comunista d'Iran. Questa discussione presenta al partito un particolare 'che fare?' e una specifica piattaforma politico-pratica che è diversa dalla spiegazione delle altre tendenze rispetto ai problemi e alla prospettiva del partito.

La situazione delle altre tendenze è anch' essa cambiata negli ultimi anni. Lo stesso trend globale che ha spinto il socialismo borghese in un vicolo cieco sta anche minando le prospettive delle tendenze socialiste non-operaie nel nostro partito. Quindi, vediamo una fase di divergenza nel partito: la sinistra, la destra e il centro oggi più che mai vengono in conflitto tra loro con distinte vedute... La situazione attuale è il risultato di un processo in corso di cui i fattori e condizioni concomitanti vanno riconosciuti.

D: Il termine comunismo operaio ha assunto differenti significati tra di noi, e in realtà tu stesso lo hai usato in differenti sensi : come una concezione del mondo, un punto di vista, una dottrina; come un movimento sociale materiale, una tendenza politica, e un movimento di partito, ecc. La domanda è, quale di queste interpretazioni pensi sia più precisa o più centrale per la tua discussione?

Mansoor Hekmat: La risposta è molto semplice. Diciamo "comunismo operaio" invece di "comunismo" perché il termine comunismo ha perduto quella peculiare caratteristica di classe che aveva all'epoca della pubblicazione del Manifesto comunista nel 1848. Allora, comunismo era sinonimo di socialismo operaio. Engels spiega la loro scelta di tal termine per il Manifesto comunista esattamente nella stessa maniera. Per marcare la loro distinzione dai socialismo non-operaio contemporaneo, Marx ed Engels scelsero il termine che il movimento socialista degli operai aveva già adottato. Ogni parola del Manifesto comunista sottolinea che è il manifesto del socialismo operaio e quello che sostiene questa particolare tendenza di classe a proposito del mondo, della società, dei socialismi, esistenti. Se Marx ed Engels dovessero vivere oggi e vedere che del nome "comunismo" se ne sono appropriate le disilluse correnti pseudosocialiste di altre classi, essi certamente metterebbero mano al titolo del Manifesto comunista e persino al termine "comunismo". Può darsi che come me, aggiungerebbero a questo l'aggettivo "proletario" cosi da esprimere pienamente il contenuto del pamphlet e del movimento sociale di cui era il manifesto.

Dunque la mia replica al punto centrale della tua domanda è chiara. Come 'comunismo' ha diversi significati, cioè concezione del mondo, dottrina, movimento sociale, corrente di partito, ecc. cosi il comunismo operaio, che è il nome esatto dello stesso fenomeno al finire del XX secolo, si riferisce a tutti questi, incorporando tutti questi sensi. Il comunismo operaio è differente in tutti questi aspetti da ciò che il mondo nella ultima metà di secolo ha chiamato comunista. È un'altra scuola e un altro movimento; fa appello a partiti di altro genere; ha avuto una storia differente; ha altri principi, ecc. La lotta per il comunismo operaio è per portare alla luce queste differenze e riorganizzare questo differente movimento sociale.

D: Quindi, la discussione sul comunismo operaio non è il vecchio tema del "ritorno al marxismo ortodosso"?

Mansoor Hekmat: No. Nel significato teorico, il comunismo operaio è marxismo e niente altro, cioè quello che comprendiamo dei classici marxisti. Ma questo modo di formulare la questione è incorretto e non riesce ad esprimere i problemi teorici e pratici che noi affrontiamo sotto la rubrica generale di comunismo operaio. Ci sono un po' di ragioni per questo : anzitutto, "ritornare al marxismo" in sé evoca in qualche modo una posizione teoretica. Il cosiddetto movimento "antirevisionista", nei suoi vari momenti e ramificazioni, non aveva altra pretesa che questa. Comunque, comunismo operaio non è un'altra versione delle correnti antirevisioniste. Precedentemente, quando sostenevamo questa interpretazione basilarmente ideologica della nostra identità e del nostro lavoro, chiamavamo la nostra corrente "Marxismo Rivoluzionario", che esprimeva precisamente questo elemento di fedeltà all'ortodossia. Comunismo operaio, comunque, ha il significato di un collegamento sociale, e quindi, un movimento teoretico. Si preoccupa della organizzazione del movimento socialista concretamente esistente di una particolare classe, la classe operaia. Il marxismo ha per noi significato precisamente perché è la forma concreta [incarnazione] di questa tradizione di classe. In secondo luogo, possono tornare a qualcosa solamente coloro che se ne sono separati. Senza dubbio una corrente che si è scoperta nel contesto del comunismo contemporaneo non-operaio, e di conseguenza non-marxista, per poter rompere con questa tradizione deve "ritornare" al marxismo. Deve ritornare a un altro punto di partenza e centro di attenzione - sia teoreticamente che socialmente. Ma ciò che stiamo dicendo è che il comunismo operaio è un movimento sociale e una tendenza distinti dal movimento comunista finora non-operaio. E' già li dove dovrebbe essere.

La teoria marxista emerse originalmente nel contesto del socialismo operaio. Per un certo tempo i partiti comunisti della classe operaia erano allo stesso tempo i portavoce e le autorità del marxismo a loro contemporaneo. Con gli sviluppi della Il Internazionale, la supremazia del nazionalismo e riformismo in URSS alla fine degli anni '20, la crescita del nazionalismo di sinistra nei Paesi dominati dall'imperialismo e in particolare con la rivoluzione cinese, e l'emergere, prima, del "Marxismo Occidentale" e, poi, della 'nuova sinistra', l'applicazione sociale del marxismo gradualmente cambiò; movimenti sociali non-operai in svariate forme divennero gli interpreti ufficiali del marxismo. Ma cambiare l'applicazione sociale delle teorie di Marx non era possibile senza violare il loro contenuto rivoluzionario, di classe, per nulla ambiguo. Per una corrente che è emersa dall'interno di queste tradizioni, ogni spostamento verso l'essenza vera e di classe del marxismo è visto come un ritorno. In altre parole, non Io vedo come problema di illuminazione teoretica. Dal punto di vista teorico, comunismo proletario significa marxismo; dal punto di vista sociale, significa il movimento di protesta anticapitalista dell'operaio. Questo movimento, è oggettivo e quella teoria, anch'essa esiste. Se parliamo dall'interno di questo movimento, allora la questione diventa quella di organizzare questo movimento e di basano sulla integrità di questa teoria. In terzo luogo, la formula di "ritorno al marxismo" omette il nocciolo del nostro attuale dibattito. Noi siamo marxisti in un mondo e in un periodo differenti. Oggi anche lo stesso Marx avrebbe qualcosa da dire su questo mondo e di questa situazione. Per molti, ritornare al marxismo significa ripetere i principi e le formulazioni marxisti basilari. Per il nostro movimento, per il comunismo operaio, che non ha mai fatto alcuna revisione in questi principi fondamentali, il compito cruciale è l'applicazione del marxismo come una critica del mondo attuale e delle esistenti forze politiche e di classe.

Dunque, brevemente, la formula di un ritorno al marxismo originale non esprime in alcun modo il contesto della nostra critica e del nostro dibattito attuali. Se supponiamo intatte base sociale e identità dei movimento, allora certamente dobbiamo parlare di revisionismo e lotta antirevisionista come concetti rilevanti per questo movimento di classe. Ma quando l'insieme di questo movimento, o in ogni caso i suoi schieramenti mondiali, poggia su movimenti di classe non-operai, allora la questione non va confinata al livello della teoria, cioè ritornare a una particolare teoria o sfidare una particolare revisione. L'intero fondamento sociale dei comunismo dei nostri giorni e di conseguenza le sue idee dovrebbero essere criticati. Questa critica andrebbe fatta dal punto di vista di un movimento sociale diverso. Il comunismo di Marx, il comunismo operaio, prima di criticare le idee dei socialismi non-operai del proprio tempo e fare appello a un cambiamento di idee, spiegò il loro carattere sociale come movimenti non-operai, e contrappose loro il movimento sociale della classe operaia e la protesta socialista dell'operaio. Marx rigettò e criticò il socialismo a lui contemporaneo dall'interno di un differente movimento sociale. Questo è quanto vogliamo fare oggi proponendo il dibattito sul comunismo operaio.

D: Dici che il comunismo operaio è socialmente differente dal comunismo esistente, e che le differenze teoriche sorgono a causa di questa distinzione sociale. Potresti elaborare le ragioni ditale enfasi e il posto che ha nella tua discussione.

Mansoor Hekmat: Il comunismo operaio ha annunciato la sua distinzione da altri socialismi già una volta. li Manifesto Comunista era sostanzialmente un manifesto a tale scopo. Il metodo di Marx nel Manifesto è differenziare socialmente, non ideologicamente, il comunismo operaio da altre tendenze. Li Marx, dopo aver spiegato il comunismo operaio come movimento sociale e specifica reazione di classe alla società capitalista, indica le differenze tra questo movimento e il socialismo di altre classi, cioè i socialismi feudali, borghesi e piccoloborghesi. li Manifesto Comunista spiega queste correnti, e distingue il comunismo operaio da esse, non come dottrine ma come movimenti di classe definiti, come il prodotto di condizioni determinate e interessi specifici. Marx parla dello scontro tra movimenti sociali, e solo su questa base parla dello scontro di idee. Per Marx, il comunismo operaio era un movimento sociale, concreto, oggettivo, che esisteva prima delle sue idee e tensioni e che già aveva prodotto dirigenti intellettuali e punti fermi teorici. Il marxismo si assunse il lavoro di ordinare questo movimento e armarlo con chiari obiettivi e una critica profonda e potente della società esistente. Il marxismo molto rapidamente divenne la bandiera del comunismo operaio.

Oggi, vediamo il mondo con lo stesso metodo del Manifesto Comunista. Per noi, il comunismo operaio è soprattutto un movimento sociale e oggettivo. Solo su questa base affrontiamo la questione delle idee e politiche dominanti il movimento e le sue differenziazioni da altre tendenze socialiste nella società contemporanea. È questo è precisamente l'approccio a tale problema opposto a tutte le tendenze dei comunismo esistente. Una indicazione del distacco di questo comunismo dalla classe operaia e dal comunismo operaio è il profondo rifiuto della sociale oggettività del comunismo operaio. Per loro, il socialismo operaio è un derivato della ideologia socialista; la dottrina socialista è la creatrice della protesta socialista della classe operaia. Essi considerano il marxismo, qualunque sia la concezione che ne hanno, come origine del socialismo operaio. Dunque, la relazione tra movimento e idee, società e coscienza, è totalmente rovesciata. Se considerano questo marxismo distorto e revisionato, allora devono negare la oggettività della protesta socialista dell'operaio.

Il nostro punto di partenza è il movimento e la protesta sociali dei proletari contro la società presente. Se oggi viene respinto il marxismo e il comunismo di partito che ha stabilito suo compito dirigere e organizzare la lotta socialista dell'operaio, e il comunismo esistente sta seguendo un'altra causa sociale, questo significa solamente la debolezza, confusione e mancanza di leadership di questo movimento sociale, e non la sua inesistenza. Se Marx venisse al mondo oggi, all' osservare la società e vedere la protesta degli operai, egli ancora una volta si metterebbe al lavoro per redigere un manifesto del comunismo operaio. Tale manifesto sarebbe l'espressione della protesta socialista del proletario e armerebbe questo movimento con una visione e una critica contro tutto il socialismo di altre classi che, purtroppo, si sono persino dichiarate marxiste. Non c'è Marx oggi, ma abbiamo il nostro movimento sociale e classista e, vantaggiosamente, anche la profonda influenza di Marx in questo movimento come l'urgenza di marxismo nel militante proletario, istintiva (e ora certamente "spontanea"). Per noi, il dibattito sul comunismo operaio significa portare avanti il manifesto di questo differente movimento sociale; non significa inventarsi un'altra tendenza e dottrina dentro la tradizione del comunismo esistente. Rispondiamo ai comunismo esistente sul piano sociale; lo critichiamo socialmente e praticamente; il nostro campo d'azione è differente. E la stessa risposta che diamo alla borghesia nel suo complesso: fondare un potente movimento comunista operaio.

D: Capisco pienamente il significato che assegni alla differenziazione sociale del comunismo operaio e alla sua priorità analitica su ogni differenziazione teorica e politica. Comunque, ci sono due importanti questioni: prima, qual è il posto della teoria e della differenziazione teorica visa-vis altre tendenze "marxiste" e "socialiste" in questa impostazione ? Seconda, su quali problemi pensi una tale polemica teoretica dovrebbe focalizzarsi? Rispetto alla prima domanda, vorrei attrarre la tua attenzione sul fatto che è un vecchio approccio nel movimento comunista contrapporre 'teoria' e 'movimento'. Non pensi che la tua posizione attuale possa essere accusata di spostare l'accento dalla teoria sul movimento proprio come secondo il vecchio adagio della sinistra?

Mansoor Hekmat: Ovviamente, la mia argomentazione può esser accusata di molte cose, incluso il "primato del movimento sulla teoria", oppure "economicismo", oppure l'adorazione della "spontaneità" contro la coscienza, eccetera. Penso che queste caratterizzazioni del nostro dibattito, più che dire qualcosa circa il contenuto delle nostre vedute e loro difetti, tradiscono il pensiero schematico del nostro presunto critico. La discussione non è affatto su "teoria o movimento?". La questione principale è: "quale movimento"? Il punto è che tutti i segmenti del socialismo esistente, senza curarsi della falce e martello che avevano messo sulle loro bandiere e dei nomi di Marx o Lenin che avevano sulle labbra, sono soprattutto stati i movimenti sociali di altre classi disilluse per riforme e cambiamenti non-socialisti. La questione del rapporto tra teoria e azione politica dei partiti in questo movimento e le loro rispettive priorità, e cosi via, possono essere materia di dibattito dentro queste stesse tradizioni. La nostra argomentazione riguarda la appartenenza a un altro movimento sociale; un movimento che è esistito, e ancora esiste, parallelamente a questo socialismo non-operaio, con la propria differente teoria e differente pratica. Sta di fatto che in questo movimento, cioè nel comunismo operaio, teoria e movimento non sono separabili in sfere indipendenti. La questione del primato della teoria sul movimento, o viceversa, non ha significato nel nostro sistema di pensiero. Questi sono i diversi livelli di manifestazione di un solo movimento sociale. E mia opinione che chiunque legga il Manifesto Comunista con attenzione lo comprenda come il manifesto di un movimento di protesta della classe operaia; non si tratta dei principi di una sociologia scientifica da insegnare, elaborare o trasformare in un soggetto a se stante, indipendentemente da questo movimento di protesta classista.

Credo che quello che è diventato la teoria marxista, e le problematiche teoretiche che sono emerse nella tradizione marxista esistente - formando la base della distinzione di diverse linee, tendenze e poli nel cosiddetto movimento comunista - non si può comprendere isolatamente dal destino sociale del marxismo, e l'applicazione di classe che questa teoria ha avuto. Proprio come una concezione filosofica e politica, come una dottrina teorica, non può essere valutata in isolamento dalle sue basi sociali materiali e requisiti storici classisti, cosi le questioni sollevate e dibattute all'interno di quella dottrina non si possono comprendere senza dar conto degli interessi a esse sottostanti. In quanto teoria e dottrina, il marxismo ha una coerenza interna, ha un metodo e opera ben definite e specifiche deduzioni circa la società, la politica, e la pratica rivoluzionaria. Il marxismo può essere studiato ecapito come una teoria a sé. Le polemiche interne e il problema di differenti, e a volte in conflitto, interpretazioni di questa teoria sorgono solo quando l'obiettivo è applicare tale teoria nel mondo reale; quando differenti tendenze sociali la usano per rispondere ai propri problemi particolari. Per esempio, la teoria marxista ha portato avanti un punto di vista particolare sulla rivoluzione comunista, sulle condizioni della sua realizzazione e sui suoi compiti. Ma la problematica del "socialismo in un solo Paese" emerse sullo sfondo di una controversia storica e sociale tra tendenze reali nella rivoluzione russa circa lo sviluppo economico della Unione Sovietica. Nel Capitale Marx ha chiaramente e dettagliatamente spiegato la relazione tra prezzo e valore nella società capitalista. Ma il "problema della trasformazione" divenne una problematica teorica solo nel contesto di specifiche condizioni storiche e sociali e da parte di particolari forze sociali. Stessa cosa per la tesi della dittatura del proletariato, la questione struttura/ sovrastruttura e loro interazione, socialismo e mercato, ecc. Ognuna di queste è stata fonte di grandi e prolungate polemiche all'interno della cosiddetta tradizione marxista e non possono essere discusse senza prendere in considerazione gli interessi sociali dietro di esse, senza riconoscere quale lotta sociale oggettiva questa o quella disputa teoretica sta rappresentando.

In breve, tali controversie e problematiche teoriche non sono il risultato di investigazioni scolastiche spontanee dentro la teoria marxista per scoprire le sue "ambiguità e oscurità" come dottrina. Esse sgorgano dalla maniera speciale in cui svariate forze sociali han cercato di applicare il marxismo. Può essere che queste controversie ci hanno veramente resi consapevoli dell'esistenza di punti oscuri nella teoria stessa. Personalmente non lo credo. Ma anche se fosse, il punto importante non è che questa teoria può esser interpretata in modi differenti, ma piuttosto che esistono differenti interpreti e importanti interessi sociali che fanno sorgere differenti interpretazioni del marxismo. Le sorti che hanno colpito la teoria di Marx sono il risultato del fatto che diversi movimenti sociali hanno cercato di convertirla in strumento per servire propositi con cui tale teoria in sé è incompatibile. il marxismo non è una teoria economica per calcolare valori e prezzi e arrivare a equazioni matematiche per creare un bilancio tra dipartimenti della produzione. Se qualcuno vuole usarlo in questa funzione allora naturalmente dovrà manometterlo. È non è possibile senza criticare la teoria del valore di Marx o convertirlo in un Ricardo. In realtà credo che la stragrande maggioranza delle problematiche teoretiche nella tradizione marxista esistente è radicata nella disputa [interna] di quelle forze che, avendo rimosso il nocciolo di questa teoria .la critica del capitalismo e la necessità della rivoluzione degli operai hanno cercato di convertirla in una sociologia scientifica o in una scienza economica alternativa per l'ala sinistra della borghesia; e che hanno cercato di trarne le giustificazioni teoriche per esprimere i più aridi interessi non-operai, per giustificare, ad esempio, il nazionalismo russo e cinese, le dispute settarie, e cosi via.

Per cui quando mi chiedi del nostro atteggiamento verso la teoria devo per prima cosa chiarire la mia differenziazione da questa applicazione scolastica e opportunista del marxismo. Per il socialismo operaio, la teoria e la lotta teorica hanno una importanza cruciale. Allo stesso tempo, il marxismo è per noi l'arma della critica; è l'utensile per comprendere le radici profonde delle privazioni a cui l'umanità tutta e i proletari in particolare sono soggetti in questa società; è lo strumento dello operaio per guadagnare una profonda coscienza di sé, sociale e storica, e per riconoscere le possibilità che esistono per trasformare la società attuale. Questi gli attributi positivi della teoria di Marx che, se non fosse stato per le sue applicazioni non-proletarie finora, avrebbe potuto penetrare nella società e nella classe, creando un potente schieramento intellettuale contro le idee dominanti della società. Il comunismo operaio può essere una potente forza intellettuale nella società contro le correnti di pensiero fondamentali della borghesia, quali il liberalismo, la democrazia, il nazionalismo, l'umanismo, la socialdemocrazia e affini, e non solamente un'altra versione di marxismo contro correnti come il maoismo, troskismo, socialismo russo, o la 'nuova sinistra'. Questo è il posto che la teoria ha con noi.

Vedi, abbiamo cominciato a parlare degli attributi sociali e di classe del comunismo; abbiamo detto che prima della questione di "cosa dicono i comunisti", il problema è quale settore della società e quale classe il comunismo rappresenta. Abbiamo dichiarato che siamo preparati a capire il comunismo solamente come il movimento di protesta dell'operaio e che solo all'interno della lotta sociale di questa classe possiamo comprendere, e lottare per il comunismo come dottrina, concezione del mondo, e teoria rivoluzionaria. Essi hanno reagito dicendo : "che ne è della teoria?" La considero la reazione naturale della stessa classe sociale, della stessa tradizione politica, che io sto criticando. Comunismo, per il socialismo radicale esistente, è solo una teoria. La sua riduzione a sistema intellettuale che si suppone al servizio del bene pubblico, a "scienza della storia", e cosi via, è la maniera con cui l'intellettuale sinistrese borghese, il burocrate riformista, il nazionalista e democratico cinese, boliviano, iraniano, si richiama al marxismo e al comunismo negli stessi termini del proletario. Quando diciamo che il comunismo vale tale nome solo come corrente della classe operaia essi chiedono che ne sarà della teoria, lo penso intendano "che ne sarà di noi?" A mio parere stiamo solamente adesso cominciando a mettere la teoria dove appartiene. Se essi non hanno capito Marx abbastanza da sapere che il comunismo non è un movimento di idee ma un movimento social-classista ben definito, un'attività della classe operaia, allora la loro preoccupazione per la teoria contro il dibattito del comunismo operaio non andrebbe presa seriamente. Proprio questa critica della nostra discussione significa che non hanno capito la base del marxismo come teoria.

Lasciami dire "che ne è" della teoria. Da strumento per escogitare ambiguità, per giustificare interessi non-proletari nel nome del marxismo, per mascherare l'ala sinistra della borghesia, per far guadagnare agli intellettuali la superiorità persino all'interno dei partiti marxisti, e cosi via, la teoria diventa la stessa critica incisiva, profonda, ben informata, di classe operaia, che troviamo nei classici marxisti. La teoria diventa ancora una volta un'arma affilata nella lotta di classe. Diventa un atto di accusa rivelatore, lucido e comprensibile, contro la società attuale e tutti i suoi apparentemente complessi meccanismi; una forza materiale che darà forma al pensiero del proletario militante nella società contemporanea. Per noi stessi, il dibattito sul comunismo operaio è stato il risultato di molta contemplazione teorica. Ce la troviamo davanti con compiti teorici diversi e assai più seri che nel passato. Ci ha fornito una struttura sulla cui base iniziare a lanciare una vasta campagna teorica.

D: Ovviamente questa campagna teorica comprende differenziazione teorica dai vari settori del cosiddetto movimento comunista esistente e la risoluzione dei problemi chiave in questo movimento, in altre parole, dovremo mostrare come il comunismo operaio in quanto specifica concezione marxista del mondo e tradizione si distingue da altre tradizioni che si richiamano al marxismo. La domanda è, su quali punti pensi debba concentrarsi questa lotta teorica, e quali sono le sue priorità?

Mansoor Hekmat: Fammi prima spiegare un punto. Generalmente, quando le forze radicali di sinistra parlano di lotta teorica intendono in primo luogo polemiche "sul marxismo" con le altre varianti nella sinistra. Per loro "lotta teorica" è giunta a significare una controversia dentro la setta. Noi stessi abbiamo fatto ciò molte volte nel passato. Non posso qui soffermarmi sul come e perché la lotta teorica ha assunto un significato tanto limitato. Ma devo dire che questo stesso fatto è riflesso del carattere estraneo e non-sociale della sinistra radicale e cosiddetta comunista. Per noi, la lotta teorica è un aspetto della lotta di classe e, di conseguenza, una battaglia contro le idee dominanti nella società, le idee delle stesse classi contro cui ci siamo sollevati, come classe, nei mondo reale, sul terreno pratico. Una battaglia contro le idee, dottrine, tradizioni teoriche borghesi che sono state capaci di dar forma al pensiero della gente su una scala di decine di milioni. Le polemiche contro coloro che si richiamano al marxismo sono state una parte, ma in alcun modo la parte centrale, di questa lotta; e in particolare non è il canale tramite cui arriva a formarsi il profilo teorico del comunismo operaio. La campagna di cui parlavo, l'offensiva che il comunismo operaio .il marxismo come movimento di classe dovrebbe lanciare mira alle fondamentali tradizioni teoriche della borghesia; tradizioni che in realtà non si richiamano affatto al marxismo. Sui terreno della battaglia teorica ci troviamo di fronte liberalismo e democrazia, nazionalismo, riformismo e socialdemocrazia, anarchismo, e cosi via, Infatti penso che anche la lotta con quelle forze che si dichiarano marxiste non è possibile senza mettere in conto la profonda influenza di quelle tradizioni teoriche e politiche più di fondo sul pensiero degli pseudomarxisti.

D: Forse dovresti elaborare questo punto, dal momento che le polemiche interne sono state parte integrante della tradizione comunista anche .la stessa tradizione comunista operaia di Marx e Lenin. Abbiamo le polemiche di Marx e dei marxisti contro Proudhon e Lassalle; le polemiche di Lenin contro i teorici della Il Internazionale che, sia detto per inciso, in larga parte definiscono i caratteri politici e teorici del leninismo. C'è anche la questione del revisionismo che per lungo tempo ha impedito la formazione di partiti rivoluzionari marxisti e la crescita del socialismo operaio. Qual è il significato di questa dimensione della lotta teorica nella tua concezione?

Mansoor Hekmat: Non sottovaluto in alcun modo le polemiche all'interno della scuola [marxista], e neanche nel movimento. Ma osserviamo i contesti storici in cui queste polemiche .in quanto un lato del dibattito è veramente stato il marxismo e il comunismo operaio .hanno avuto luogo e quale ruolo questi dibattiti hanno avuto nella lotta teorica del comunismo operaio. Ciò che rende marxismo il marxismo, e comunismo il comunismo non è la differenziazione polemica di Marx con Proudhon o Lassalle. Piuttosto è la critica universale di Marx del capitalismo e del pensiero borghese nel suo insieme. Marx critica l'ideologia tedesca e il precedente pensiero filosofico. Egli compie una critica scrupolosa dei contemporanei e precedenti teorici di economia politica. E soprattutto, egli critica la dinamica della società esistente e le sue conseguenze, a partire dallo sfruttamento, impoverimento, colonizzazione, schiavitù, prostituzione e religione, giù fino a democrazia, nazionalismo, e cosi via. Marx combatte contro le classi dominanti e le idee dominanti. La Critica del Programma di Gotha sarebbe impossibile senza Il Capitale e L'ideologia tedesca, e non formerebbe una scuola e una tradizione di pensiero. il marxismo critica una situazione generale economica, politica, teorica, dominante e su tale base ha come obiettivi anche i critici superficiali e non-rivoluzionari di questo sistema. Hai menzionato la polemica di Lenin contro la il internazionale. La mia domanda è, come potrebbe esser stata possibile una tale campagna senza la critica di imperialismo, nazionalismo e democrazia borghese - come pensieri e idee che esistono al di fuori della tradizione marxista? Fu tale critica universale, che trascendeva la scuola e il movimento, che formò il leninismo come una valida e rivoluzionaria corrente di pensiero contro la Il internazionale. Devo anche aggiungere che sia Marx sia Lenin si sono trovati contro potenti tendenze quasi-socialiste. Queste erano forze che su una scala sociale avevano influenzato il pensiero dell'operaio militante. Credo anch'io che la polemica contro le altre forze esistenti all'interno del movimento di classe, nel vero senso della parola, è sempre necessaria. Ma non la metto sotto la rubrica dei dibattiti dottrinari.

La questione del revisionismo andrebbe discussa più dettagliatamente. Con il passare del tempo questo termine ha assunto un significato più religioso e più esoterico. li revisionismo, certamente, non poteva essere un problema per il comunismo dell'epoca di Marx. Per Lenin, la revisione nel pensiero marxista da parte di altre tendenze è in rapporto diretto con i movimenti sociali e le forze materiali che lo richiedevano. Cioè, per lui il revisionismo è l'espressione di particolari forze sociali e materiali non-proletarie. Queste forze sono l'oggetto della critica, soprattutto considerando la loro posizione politica e sociale. Lenin difende la verità dei principi marxisti contro le distorsioni, in questa impostazione, cioè nel combattere le azioni politiche di altre classi. Prima di essere un obiettivo confinato nel regno dell'ideologia e definito dal criterio di quale principio violi, il revisionismo appare come l'espressione teoretica di interessi e correnti sociali non comunisti e non proletari. Nel senso non religioso, revisionismo significa la crescita di movimenti sociali non comunisti e non operai sotto il nome del marxismo. Una branca dei movimento statalcapitalista in URSS agi sotto il nome del marxismo e, come risultato, produsse una particolare interpretazione ditale teoria. Questo è revisionismo. Stessa cosa per il movimento anticolonialista e nazionalista in Cina. Nella sua lotta contro il nazionalismo e il capitalismo di stato, il comunismo operaio porta avanti polemiche anche contro le diramazioni pseudosocialiste di questi movimenti. Ma al contrario del movimento antirevisionista della sinistra radicale, la sua identità teorica e politica non deriva dalle demarcazioni con, per esempio, il maoismo, oppure le risoluzioni dei XX e XXIl Congresso del PCUS, oppure la tesi della via non-capitalista di sviluppo, e cosi via. La natura della vita intellettuale della sinistra radicale, per soli iniziati, e il fatto che essa definisce la sua particolare identità sulla base delle sue differenze dai campi socialisti esistenti prova che entrambi, tale sinistra e tali campi socialisti, sono nella stessa posizione e movimento sociali. Le sinistre radicali, come i campi cosiddetti socialisti che esse criticano, sono appartenuti a un comune filone sociale e di classe. Le loro differenziazioni dai revisionismo sovietico e cinese sono settarie e vertono sul religioso, dal momento che essi stessi non rappresentano socialmente un altro, indipendente, distinto movimento né difendono differenti ideali. Possiedono la stessa critica del capitalismo e la stessa concezione del socialismo. Il loro problema era la "deviazione" di quei campi da particolari principi teoretici o da particolari politiche o tattiche. in senso sociale, tutte le ramificazioni della sinistra radicale, dal bordighismo al troskismo fino ai nostri giorni, sono venute alla luce come critiche di questo filone principale. Nessuno può definire il troskismo in isolamento da questa corrente principale, nel suo indipendente confronto con la società borghese. Questa corrente è il sottoprodotto della stessa corrente principale; è una versione specifica dentro lo stesso movimento sociale.

Brevemente, sebbene il comunismo operaio certamente inizierebbe polemiche anche contro queste tradizioni, la sua identità politica è definita dal suo confronto con la società borghese come un tutto e con le tendenze e movimenti della borghesia principali socialmente e politicamente in ogni dato momento. Facevi riferimento alle passate polemiche della tradizione marxista e comunista operaia. Molto bene, ma la mia domanda è, quali polemiche teoriche sono cruciali oggi per la costruzione di uno schieramento della rivoluzione degli operai: polemiche con maoismo, troskismo, la 'nuova sinistra', ecc? Oppure con nazionalismo, tradeunionismo, liberalismo e democrazia, riformismo, social democrazia, gorbaciovismo, thatcherismo e cosi via? Cioè, idee e interpretazioni della società attuale che plasmano le menti dei proletari e della società in generale. Fin dai tempi di Marx, il comunismo operaio si è erto per un confronto classista e onnicomprensivo contro la borghesia e la società borghese, e non cercando solamente di preservare la sua purezza teoretica relativamente alle più inclinate a sinistra delle correnti adiacenti.

Fammi aggiungere alcuni punti. Prima di tutto, bisogna vedere quanti di costoro rimarranno fedeli a Marx nel periodo in cui stiamo entrando ora. Finora, sembra che tutti si sono aggregati al coro della "fine del marxismo" oppure sono in attesa che questa ondata lo spazzi via. Alla fine anni '60 e primi anni '70, quando il marxismo era di moda tra gli intellettuali, certamente si avvertiva un maggior bisogno per l'intervento del socialismo operaio nella lotta sulla legittimità della interpretazione di classe operaia del marxismo. in secondo luogo, non dovremmo cadere nella trappola della lotta dottrinaria. Per una critica del maoismo e del populismo, per esempio, non c'è bisogno di grandi riferimenti a ciò che Marx ha veramente detto. Si può direttamente andare al nocciolo principale nazionalista di questa corrente e esporlo. A mio parere, andare troppo in là nella polemica "intradottrinaria" con queste tendenze aumenta la confusione che circonda il loro essere e la loro identità sociali. Terzo, come dicevo, le altre versioni di marxismo non sono risultato di incomprensioni o di dispute accademiche. Esse sono le interpretazioni del marxismo, come teoria, da parte di altre tendenze sociali; le interpretazioni di una scuola teorica e politica, da parte del nazionalismo, del riformismo e della democrazia come movimenti sociali. Queste forze non hanno messo le mani solo sul marxismo. Per esempio una base del nazionalismo è il razzismo, ed esso può, attraverso questo, dare persino una interpretazione particolare del darwinismo. Ma polemizzare sul campo della biologia e dell'evoluzione naturale non solo fallirebbe nel tracciare le linee ma occulterebbe la vera differenza. Quarto, la profusione dei dibattito teoretico su "che cosa ha veramente detto Marx" riflette in qualche modo la platea che le tendenze non proletarie hanno creato per la teoria di Marx. Ditali polemiche il borghese intellettuale ne ha fatto una professione, e questa professione, staccata dalla lotta comunista, ha avuto un certo richiamo, almeno fino agli inizi degli anni '80. Penso che nella misura in cui il centro d'attenzione della lotta comunista si sposta all'interno della classe operaia, e i dirigenti degli operai diventano il pubblico principale delle polemiche teoriche, in tale misura diminuirà la natura dottrinaria delle differenziazioni teoriche per assumere una forma più classica, come lo scontro di socialismo e nazionalismo, socialismo e liberalismo, e cosi via.

Anche nella lotta teorica con forze che vanno sotto il nome del marxismo la base più importante del nostro lavoro dovrebbe essere cercare il riflesso dei basilari movimenti intellettuali borghesi nella spiegazione che queste forze hanno del marxismo e della politica comunista. Solo quando la ripugnanza del nazionalismo come pensamento, come una maniera definita di concepire il mondo, è stata svelata, si può cominciare a mostrare il contenuto non proletario e non marxista del populismo e del maoismo. Se c'è una sinistra come la sinistra radicale in Iran negli ultimi decenni oppure l'intera tradizione maoista e populista .che si inorgoglisce perfino nell'essere nazionalista o in ogni caso il cui nazionalismo non è smascherato, allora polemiche contro tale forza sul marxismo e la politica marxista sono futili e autoingannevoli. Penso che dovremmo trattare la sinistra non proletaria come una certa versione delle più generali e basilari forze sociali borghesi, e alla luce della risposta teorica e politica che diamo a questa tendenza più generale batteremmo anche i suoi prodotti quasi-marxisti.

Per finire, dovrei dire anche che per lungo tempo il marxismo, come teoria, è stato convertito in copertura e in scienza di salvaguardia della coesione interna della setta di qualcuno. il teorico marxista è stato ridotto a uno che sa replicare a persone che hanno dichiarato in anticipo che appartengono alla stessa dottrina. Fuori di questo tracciato, di questo "mercato" determinato, il nostro teorico non è neanche un pensatore e critico valoroso e influente nel mondo a lui contemporaneo. in realtà, anche dal punto di vista del calibro intellettuale e della abilità teorica è di solito un pensatore di seconda mano. Marx mise in cantiere e trionfò teoricamente su giganti intellettuali del mondo borghese. Demoli Hegel e Feuerbach, Ricardo, Smith, Mill e Malthus in base alle loro contraddizioni. Possiamo ancora dire lo stesso a proposito di Lenin, Rosa Luxemburg, Trotsky, Bukharin, Preobrazhensky, e un grande numero di dirigenti comunisti al principio del secolo. Ma oggi il pensatore di sinistra radicale ha tanto pubblico e tanto prestigio quanto è in grado di polemizzare, e definire le demarcazioni, con la tendenza confinante. i suoi pensieri hanno un consumo interno alla setta e hanno significato in virtù della setta. Metti da parte il maoismo e non avrai nessun Betteiheim nel dominio del pensiero critico. A mio parere, la teoria comunista - e di conseguenza il teorico e critico comunista - dovrebbe affermarsi come la critica delle idee dominanti. Invece di agire come mera guida per i suoi discepoli e seguaci, dovrebbe spiegare il mondo per le vaste masse della classe e fare la sua parte nel dar forma alla generale coscienza di classe. È stato questo il comunismo operaio. Al suo apparire, e in particolare come la sua concezione del mondo fu formata e espressa da Marx e dal marxismo, una corrente critica con una vasta portata sociale irruppe sulla scena. Dopo la nascita ditale corrente, i concetti di stato, economia, religione, giustizia, storia e futuro della umanità, che la società aveva, e in breve tutte le dimensioni della società umana, cambiarono irreversibilmente. Questo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno oggi. Chi accetterebbe dal comunismo e dalla classe operaia che, in condizioni in cui a ogni istante i basilari concetti e tradizioni della società borghese, dalla santità della proprietà al nazionalismo, riformismo, democrazia, liberalismo, razzismo e cosi via, stanno plasmando le menti di centinaia di milioni di persone, si preoccupi di polemiche contro tendenze come maoismo, troskismo, e 'nuova sinistra', e si consideri ancora una corrente viva di pensiero, una valida tendenza critica nel mondo contemporaneo! Noi dobbiamo contrastare le sette che si dichiarano marxiste. Ma il comunismo operaio deve ancora una volta affermarsi come una potente critica sociale contro le idee dominanti. Questo è quanto vogliamo raggiungere. Il comunismo operaio non guadagnerà potere sociale come pensamento e concezione dl mondo se non sconfiggendo il mondo borghese e il pensiero borghese a scala sociale.

D: Sono totalmente d'accordo. Penso che questo approccio alla teoria in sé attesti della rottura intellettuale radicale con la sinistra non proletaria tradizionale. Ma qualcuno potrebbe dire che ciò è vero soltanto oggi, cioè al momento che le varie fazioni del socialismo borghese sono arrivate a uno stallo. "Antirevisionismo" oggi non dice molto della identità politica e teorica particolare del comunismo rivoluzionario. Ma non è forse vero che 30-40 anni fa, quando il "campo socialista" sovietico dominava completamente la mentalità e la pratica dei comunisti, la formazione di ogni tendenza genuinamente comunista e lo sviluppo del comunismo operaio come corrente di partito si sarebbe dovuto raggiungere tramite una lotta antirevisionista? A questa tradizione antirevisionista, in particolare degli ultimi 40 anni, sei disposto a riconoscere un posto nella storia del comunismo operio?

Mansoor Hekmat: Certamente la comprensione del nostro punto di vista e la sua presentazione sono diventate assai più semplici oggi rispetto a trenta o quaranta anni fa. Non ho dubbi su questo. Accetto anche che se il movimento statalcapitalista in URSS non avesse già perso il suo falso status di gonfaloniere del marxismo, il comunismo operaio avrebbe avuto più compiti di natura "antirevisionista". Ma la situazione allora prevalente non fa alcuna differenza nel punto essenziale della mia esposizione. Non porta necessariamente a un giudizio favorevole delle correnti che a quel tempo sfidarono tale filone principale e si separarono da esso. Non me le fa considerare affatto più vicine al socialismo operaio né che abbiano apportato alcun contributo ad esso. infatti il sorgere delle tendenze che discendevano dal cosiddetto campo socialista ha coinciso con l'ulteriore separazione del comunismo come teoria e come movimento dalla sua base di classe. Il maoismo èuna critica del socialismo sovietico, ma esso stesso è ugualmente non-marxista e non-proletario. Stessa cosa vale per la 'nuova sinistra', il troskismo, l' eurocomunismo, la tendenza filoalbanese, e il socialismo populista. in realtà la alienazione del socialismo radicale dal proletario e dal comunismo operaio è più chiaramente evidente nel caso di queste tendenze critiche, dai momento che queste tendenze non hanno la eredità di una grande rivoluzione degli operai e semplicemente emersero e si stabilirono nei centri non proletari della società. Costoro non hanno mai criticato le basi ideologiche del socialismo borghese sovietico, e hanno avuto la stessa concezione del socialismo e della proprietà comune che si trova in esse. Si può chiaramente individuare i loro interessi apertamente non proletari e l'influenza di tendenze politiche e intellettuali borghesi nelle loro controversie. La critica di questa corrente ufficiale da parte di eurocomunismo, maoismo, populismo è completamente nazionalista. Da un punto di vista pratico e sociale, queste correnti critiche in alcun modo rappresentano la mobilitazione operaia contro questo blocco ufficiale. Al contrario, il loro radicalismo politico coincise con il fatto che la loro base sociale assumeva un carattere studentesco e intellettuale; coincise con lo spostamento del centro di attenzione del marxismo verso i campus e ambienti di protesta studentesca. Non hanno mai rappresentato la protesta della classe operaia, e non erano affatto tendenze portatrici e organizzatrici della protesta socialista del proletario contro il socialismo borghese sovietico. Quindi, quando questo campo ufficiale ha finalmente iniziato a crollare sotto oggettive pressioni economiche e sotto l'offensiva della borghesia promercato, noi troviamo gli operai non al seguito di queste correnti critiche, ma persino del tutto scettici sul socialismo. Se il comunismo operaio avesse messo in piedi uno schieramento contro questi campi, non staremmo oggi osservando le incursioni da parte della chiesa e il nuovo conservativismo sul crescente movimento degli operai nel blocco sovietico, oppure l'abbandono delle proteste proletarie in Europa occidentale alla merce' di socialdemocrazia e tradeunionismo.

Possiamo tornare a 30-40 anni fa e definire i compiti "antirevisionisti" del comunismo operaio compiti che, con il disintegrarsi dei partiti appartenenti a questa tradizione, non furono mai intrapresi. Ma secondo me una tale lotta da parte del socialismo operaio non prenderebbe in alcun modo i caratteri teorici e pratici che i critici dell' Unione Sovietica della sinistra radicale assumevano. A mio parere, questa sinistra radicale non ha apportato alcun diretto contributo alla storia del comunismo operaio. Ha contribuito alla storia della formazione di un socialismo radicale e militante; ma non alla storia del socialismo operaio.

D: Hai detto che consideri la lotta teorica contro le cosiddette tendenze e tradizioni comuniste e socialiste una funzione della sfida di un comunismo che sfida le tendenze di pensiero basilari della società borghese. Quali sono queste tendenze, e, a tuo parere, quali confronterà per prime il comunismo operaio nel corso del suo progresso?

Mansoor Hekmat: Ciò che volevo sottolineare nella risposta alle tue precedenti domande era che il comunismo operaio non è un movimento teorico alla ricerca della sua base pratica. Al contrario, è un distinto movimento pratico-materiale. Ed è su questa base che dovrebbe prender parte in una lotta teorica estesa. Dunque è solo quando noi riconosciamo correttamente il nostro schieramento sociale, come movimento, contro la società attuale e tutti gli altri movimenti di dissenso, inclusi quelli che vanno sotto il nome di socialismo e comunismo, che possiamo avanzare un confronto teorico con questa società e questi movimenti.

Il comunismo operaio, il marxismo, è una determinata critica sociale del sistema capitalista esistente. Una critica fatta da un settore determinato della società, una critica fondamentale e radicale da parte di una classe che non ha interesse a preservare le fondamenta del sistema esistente: ecco cos'è. li comunismo operaio si oppone alla totalità e alla stessa esistenza del capitalismo. Ma questo non è l'unica critica a disposizione. Dall'interno di questa stessa società sono emerse altre critiche sociali .anche prima del socialismo operaio .che hanno polarizzato la società borghese intorno ad esse. Queste tendenze hanno costituito le fondamenta intellettuali e politiche della società borghese. Nello stesso tempo, dal momento che ognuna di esse propone uno schema particolare per lo sviluppo capitalista, si sono trovate di quando in quando critiche del percorso particolare che lo sviluppo capitalista in un dato Paese o in un dato periodo ha adottato. Secondo me, le tendenze chiave che hanno impresso il loro marchio sul pensamento sia ufficiale sia critico nella società borghese sono tre: nazionalismo, democrazia, riformismo. La storia del comunismo operaio èallo stesso tempo la storia del confronto con questi movimenti sociali e queste convinzioni profondamente radicate della società contemporanea. La mia opinione è che, a parte alcuni brevi periodi, per esempio durante i primi due o tre decenni di questo secolo in Germania e Unione Sovietica, il socialismo è stato finora, nell'insieme, sovrastato da queste tendenze a livello sociale. Anche dal punto di vista della sua forza pratica all'interno della classe operaia, è stato in larga misura messo in ombra da questi movimenti. Queste correnti rappresentano fondamentalmente non divisioni sociali di classe ma oggettive spaccature dentro la borghesia. Sia individualmente che in combinazione tra loro, queste correnti sono state l'origine di una serie di movimenti sociali e politici nella storia contemporanea. Ognuna ha in congiunture particolari e in diversi Paesi conquistato la supremazia e si è trasformata nella linea dominante nella classe borghese stessa. Secondo me, le varie tendenze del comunismo e socialismo finora sono in gran parte state il prodotto di queste potenti tendenze sociali non proletarie, con un certo grado di compromesso con il socialismo operaio. Dipende da quale di queste tendenze e movimenti fondamentali ha dato il maggior contributo a fondere queste fazioni del socialismo, se ci troviamo di fronte a differenti varianti di socialismo e comunismo. Per esempio, l'elemento nazionalista, sebbene molto forte nel maoismo, non ha una gran parte nel troskismo, dove invece riformismo e democrazia sono gli elementi di punta. Il populismo era una miscela dei particolari nazionalismo e riformismo dei Paesi meno sviluppati, in cui la democrazia, almeno nelle prime fasi del populismo, aveva un ruolo minore. La 'nuova sinistra' era essenzialmente il prodotto della critica contro la linea ufficiale [del comunismo] dal punto di vista della democrazia. Il "comunismo" sovietico, come abbiamo evidenziato nelle discussioni nel bollettino li marxismo e la questione dell'Unione Sovietica, era il risultato del prevalere di nazionalismo e riformismo sui socialismo operaio, e oggi lascia cadere il suo riformismo in favore della democrazia. Quando studi la storia della sinistra in Iran, noti le stesse basilari tradizioni di critica borghese dar forma a "Rivoluzione Costituzionale", "Fronte Nazionale", partito "Tudeh', linea guerrigliera, e socialismo populista. Ora che tutto il mondo si è convertito alla Glasnost, i leaders di queste correnti spiegano nelle loro memorie la natura dei loro movimenti e partiti esplicitamente in termini di queste stesse tendenze fondamentali della critica borghese del capitale.

Queste tendenze sono non soltanto sistemi e scuole intellettuali, ma movimenti sociali di massa in corso. Sono parte delle idee della classe dominante che hanno formato la mentalità di milioni di persone, trasformandosi in una forza materiale e dando forma al destino della società contemporanea. La loro pressione sul socialismo operaio è reale e immensa. Noi ci opponiamo a queste tendenze come un differente movimento. Le nostre differenze con le varie tendenze tradizionali e contemporanee nel socialismo sono in realtà un riflesso delle nostre differenze con questi vasti e potenti movimenti e correnti borghesi. Non riconosciamo alcun posto a queste tendenze fondamentali nel socialismo e nella rivoluzione degli operai. Nel portare avanti cambiamenti oggettivi nella situazione sociale che possono facilitare o impedire la causa della rivoluzione degli operai, si; ma non nel movimento socialista del proletario. Noi siamo un movimento sociale indipendente in conflitto con il capitale come un tutto e con tutte le correnti e i movimenti critici e non operai in questa società.

Oggi il socialismo non operaio è stato colpito da crisi in tutte le sue diramazioni. Ciò è principalmente dovuto al fatto che il riformismo come tradizione sociale che forniva il contenuto economico del socialismo non operaio ha perso l'intera sua prospettiva. Come risultato, altre tendenze democrazia e, in un certo grado, nazionalismo hanno guadagnato supremazia. A giudicare dal modo in cui le tendenze esistenti della sinistra non operaia procedono, serie polemiche teoriche con esse possono perdere completamente rilevanza; noi possiamo opporci alle tendenze madri pure e semplici. Comunque, nella misura in cui polemizzare con esse si rivelasse necessario, con il proposito di far luce sulla memoria storica degli operai e la loro maniera di vedere il mondo contemporaneo, noi spiegheremo le nostre differenze con esse sulla base della critica delle stesse tendenze di base che plasmano quelle correnti.

Oggi è divenuta moda degli pseudomarxisti vedere quale di questi tre ingredienti ha meno contribuito alloro socialismo. Essi vogliono rendere il socialismo più democratico, fare più spazio ai nazionalismo, e cosi via. E la loro dottrina, possono fare di essa ciò che gradiscono. Per il comunismo operaio, comunque, è necessario non mescolarsi con nessuna di queste tendenze. Al contrario, è tempo che noi ancora una volta, esattamente come al tempo della I Guerra Mondiale il comunismo operaio demoli il nazionalismo e replicò alla democrazia con la rivoluzione d'Ottobre, rendiamo il comunismo indipendente da qualsiasi residuo di influenza di queste tendenze su vasta scala sociale.

Le correnti quasi socialiste che si svilupparono sotto l'influenza di queste basilari tendenze borghesi distorsero inevitabilmente l'intero contenuto del marxismo - dal suo metodo e filosofia alla sua teoria politica e critica economica - convertendolo in qualcosa di diverso, appropriato alle loro necessità.

Nell'introdurre la discussione del comunismo operaio nel seminario pochi mesi fa [1989] ho tentato di affermare brevemente la mia interpretazione delle basi della teoria di Marx in queste aree principali. Questo è quanto interessa a chiunque si riferisca agli scritti stessi di Marx dal punto di vista del militante proletario. Nella mia impostazione, le nostre differenze con le false concezioni prevalenti della teoria di Marx sono al livello delle fondamenta ditale teoria e non semplicemente le questioni più concrete che si incontrano nella via del corso pratico di sviluppo del movimento comunista. Menzionerò qui solamente alcune delle differenze basilari.

La prima differenziazione teorica concerne il nostro approccio alla storia del movimento; cioè, come il comunismo comprende, e presenta a se stesso, il suo passato. La maniera in cui il comunismo esistente traccia la sua propria storia, mostra a quale parte della società veramente appartiene. Non capisco perché dovremmo considerare tutti quelli che, sotto la bandiera con falce e martello, vogliono pianificare l'economia nazionale e organizzare il lavoro salariato nel proprio Paese, che vogliono vedere restituiti i propri diritti nazionali, consumare pane e burro prodotti nella propria sacra patria, e avere democrazia, oppure chiunque si senta "alienato" nella società "postindustriale", come parte della storia del comunismo, e invece archiviare sotto la rubrica della storia dei tradeunionismo lo sciopero dei minatori inglesi che per un anno intero ha combattuto l'intera borghesia, dalla sua polizia giù fino ai suoi pennivendoli, oppure classificare il movimento dei consigli degli operai in questo o quel Paese sotto la rubrica della storia dell'anarchismo o anarcosindacalismo. Dunque la nostra prima distinzione con il socialismo esistente nel suo insieme è circa la storia del comunismo stesso; non solo la storia passata ma, piuttosto, la storia vivente dell' oggi che vediamo passarci davanti. Per noi la storia del comunismo non è la storia di una ideologia ma quella di una protesta di classe. Quando la vediamo da questa angolatura, cominciamo a renderci conto che cosa certa gente ha fatto della stessa ideologia, e come oggi che il loro stesso movimento è arrivato alla fine annunciano anche la fine del marxismo, cioè della critica del proletario al capitalismo. Questa maniera differente di guardare alla storia del comunismo non solo ci permette di rigettare scenari e problematiche esistenti, ma ci troviamo di fronte già un insieme vasto e totalmente differente di problemi teorici e pratici che sono essenzialmente non affrontati dal comunismo esistente. Alcune delle nostre differenze con queste correnti, perciò, trova espressione in quello che esse non dicono o non comprendono.

Un'altra differenza è sul socialismo stesso. Che cosa è socialismo? La risposta dipende da quale è il problema e di chi è il problema in questa società. [sottolineature mie - NdT] Marx, dal punto di vista di chiari interessi della classe operaia, considerava il problema essere il sistema del lavoro salariato e la proprietà borghese dei mezzi di produzione. Quindi definiva socialismo la fine di questa situazione, l'abolizione della schiavitù salariata e la creazione di una società basata su proprietà comune. Marx dunque fu in grado di criticare e analizzare ogni sofferenza umana, dalla politica mancanza di diritti e insicurezza economica, alla schiavitù dell'essere umano nella morsa dei rapporti sociali e superstizioni apparentemente incomprensibili. Il socialismo è la liberazione totale del genere umano da ogni forma di privazione e sottomissione e la padronanza del proprio destino sociale e economico. Ma tutto ciò è possibile solo facendola finita con il capitale come forza che è al di fuori del controllo e in opposizione al produttore immediato. Le altre tendenze, comunque, non hanno questo problema. Per la stragrande maggioranza di esse, il socialismo è risolvere la "anarchia della produzione" del sistema capitalista oppure è una peculiare direttrice di sviluppo delle forze produttive. Queste tendenze, solitamente, hanno interpretato il socialismo come statalizzazione e pianificazione. Il loro socialismo è perciò il manifesto di un altro movimento nella società capitalista che parte non dalla critica del rapporto capitalelavoro, del sistema del lavoro salariato, ma dalla critica delle carenze che in fatto di produzione e distribuzione ha un capitalismo senza controllo. La nostra distinzione rispetto a questo comunismo non operaio è perciò sostanzialmente la stessa che Marx delinea nel Manifesto Comunista quando critica il socialismo borghese. Se il movimento socialista borghese adottò la bandiera di Marx e del marxismo, è chiaramente il riflesso della forza del marxismo come ideologia e della potenza del comunismo operaio come movimento sociale. Ma ciò non cambia il carattere sociale del socialismo borghese. Mettono il marxismo da parte, oggi, perché il loro movimento, per riformare il capitalismo a modo loro, è stato sconfitto. Ma le avversità del sistema capitalista, come pure la critica del proletario, rimangono, sia teoricamente che in termini pratici. Quale sia la critica che muoviamo al sistema esistente e, di conseguenza, il socialismo sia la negazione di quale stato di cose, ecco un punto centrale di differenza tra il comunismo operaio e le diverse varianti di comunismo e socialismo contemporanei. Questa differenza sulla critica della società presente e sui socialismo come determinata situazione sociale, è la fonte di una serie di differenze programmatiche e politiche fondamentali tra noi e altri. Questo è palese nel nostro programma, nell'analisi dei compiti di una rivoluzione dei proletari e nella nostra classificazione teorica e sociale della sinistra. Abbiamo visto un esempio di questa differenza di vedute nelle discussioni sulla esperienza sovietica nei bollettini [i bollettini Il marxismo e la questione dell'Unione Sovietica, pubblicati dal Partito Comunista d'Iran - NdT]. Stessa cosa vale per la valutazione della storia della sinistra iraniana e la nostra concezione delle basi del programma di un partito comunista. Nel prossimo periodo produrremo e discuteremo molte di queste differenze teoriche e politiche.

L'altra differenza con le cosiddette tendenze comuniste e socialiste, o in altre parole un carattere distintivo del comunismo operaio, è la questione dell'atteggiamento verso le riforme economiche e sociali e la lotta economica della classe operaia. Considero questa questione come una delle basi più fondamentali della separazione del comunismo esistente dalla classe operaia e dalla protesta della classe; come una delle cause principali dell'isolamento sociale della sinistra radicale contemporanea. Per noi, la continua lotta economica degli operai per migliorare le proprie condizioni obbligando la borghesia a riforme politiche e economiche è una parte inseparabile della lotta della classe operaia e costituisce una delle premesse fondamentali ditale lotta. La questione del rapporto della rivoluzione dei proletari con le riforme e con la lotta economica in corso della classe è per noi un punto cruciale nell'attività comunista. il socialismo e il comunismo finora hanno fallito di fronte a tale questione. Quelle tendenze che si supponeva dessero significato alla lotta economica e alla battaglia per le riforme .caratteristico più delle tendenze ufficiali del comunismo prima degli anni '60 .hanno agito essenzialmente come forze riformiste. La loro tendenza a prendere parte alla battaglia per le riforme è stato il risultato della loro rimo zione della causa della rivoluzione degli operai dalla loro agenda. L'ala sinistra della borghesia è sempre stata attiva nel campo della lotta per le riforme, e queste tendenze rappresentano la tradizione politica di questo settore della società. Invece la sinistra radicale che era emersa dalla critica di questa linea ufficiale, sia nella forma del maoismo o, in certa misura, del troskismo, per prima cosa ruppe con la lotta economica della classe, facendo degli intellettuali l'obiettivo della sua attività, e poi abbandonò le riforme. La frase "il capitalismo non può riformarsi" divenne una delle basi delle sue pretese di rivoluzionarismo. Tutto il loro rivoluzionarismo consisteva in nient'aitro che nel desiderio di imporre riforme economiche, amministrative e culturali alla borghesia, mentre al livello teorico e nella attività pratica, lottare per le riforme divenne una eresia nei loro vocabolario politico. Il comunismo operaio è un movimento per la rivoluzione della classe operaia e comunista. Consideriamo tale rivoluzione possibile e già all'ordine del giorno. Ma in quanto classe sotto pressione, ci battiamo risolutamente per ogni minimo miglioramento nella situazione sociale che aumenta la forza politica e economica dei proletari e della popolazione proletaria e promuove la loro dignità umana. Ci battiamo anche per ogni grado di apertura culturale e politica che può facilitare la nostra lotta. Esser presente nella lotta per migliorare le condizioni è la situazione iniziale e permanente dei comunismo operaio; non è qualcosa da mettere all'ordine del giorno tramite l'approvazione di qualche risoluzione. Noi vogliamo sia uno stato dei proletari, sia un aumento del salario minimo. Noi intendiamo volgere i mezzi di produzione in proprietà comune e vogliamo anche un abbassamento dell'età pensionabile. Puntiamo a insorgere contro gli stati borghesi, e vogliamo anche il sussidio di disoccupazione. Per noi l'uguaglianza per legge di uomini e donne è importante; la separazione della religione dallo stato, l'alfabetizzazione, la salute pubblica, la libertà di espressione, e i diritti individuali sono importanti, dal momento che non ne abbiamo dedotto la necessità dai libri ma li sentiamo sulla pelle nella nostra vita quotidiana come classe. Questo è quell'aspetto del marxismo che la sinistra non operaia non ha avuto alcun interesse a capire. Nelle parole di Marx, un carattere distintivo del comunismo operaio è che tende a "spingere avanti l'intero movimento di classe" in tutti i suoi momenti e stadi.

Noi abbiamo differenze fondamentali con le varie tendenze del socialismo anche nel campo della teoria dell'organizzazione, il rapporto partito/classe, le caratteristiche di un partito di classe, la base generale della tattica, la concezione dell'internazionalismo, e cosi via. Quando le mettiamo tutte insieme, vediamo che per il comunismo operaio ogni senso di parentela con la sinistra radicale è fuorviante. Ciò che è particolarmente importante oggi, comunque, è che con l'erosione del socialismo borghese, si sono venute a creare favorevoli condizioni per la presentazione diretta e positiva del marxismo. Penso che ciò in larga misura faciliterà il nostro lavoro di "ridefinire" il marxismo attraverso il riferimento positivo al corpo principale della teoria stessa.

D: Torniamo per un momento all'ultimo punto su comunismo proletario e riforme. Penso che qui sembra esserci una contraddizione, almeno a un primo sguardo. In replica all'ultima domanda e nel tuo seminario sullo stesso argomento tu hai parlato di democrazia, nazionalismo e riformismo in termini negativi. Li hai descritti come tendenze opposte al socialismo operaio. Nello stesso tempo sottolinei il significato della lotta per le riforme. Come concili le due cose? Non implica forse l'una ritirarsi dai movimenti democratici e di riforma, e l'altra avvicinarsi di più ad essi?

Mansoor Hekmat: Questo è un punto molto importante. Penso che questa contraddizione esiste nella maniera in cui la sinistra radicale ha concepito la questione delle riforme nella società capitalista. Se deve accettare che le riforme sono una buona cosa allora si trova obbligata ad abbracciare l'opposizione borghese che si suppone sia detentrice della patente per la lotta per riforme. E se deve evitare questo e desidera essere una forza indipendente sulla scena politica allora deve negare il valore delle riforme e convertirsi in una malinconica corrente isolata ai margini della società, senza influenza alcuna sulla situazione oggettiva. Il problema è, quale deficienza genetica ha il proletario che si suppone gli o le impedisca di essere capace di alzare la bandiera delle riforme sociali direttamente da sé? (La realtà ha mostrato che invece è proprio l'opposto.) Come dicevo, il miglioramento della situazione economica, politica e culturale nell'ambito della società esistente è la preoccupazione permanente degli operai e del socialismo operaio; è il presupposto della sua esistenza come corrente di rivoluzione sociale. Perché la lotta per porre fine alla oppressione nazionale dovrebbe avvicinare i proletari al nazionalismo quale causa e movimento sociale di un settore della borghesia? Perché la richiesta di promuovere i diritti politici nella presente società dovrebbe spedire gli operai dietro la democrazia borghese quale noto movimento della classe dominante?

Credo che, almeno fin quando parliamo a livello teorico, il problema risiede nella visione della società non materialista e astorica della sinistra radicale. La sinistra dimentica che le idee dominanti della società, e i principi che sembrano persino avere origine nella natura umana, sono le idee e principi della classe dominante; essi sono le forme concrete in cui la borghesia ha espresso gli ideali umani. Libertà è una causa, ma democrazia è il movimento borghese per libertà, ed è basato sulla ristretta visione di questa classe della causa della libertà. Democrazia è un movimento sociale definito, con una particolare interpretazione dell'essere umano, della società e dei rapporti che devono esserci. Democrazia non è sinonimo di libertà in generale, ma una particolare interpretazione della libertà prodotta da un settore determinato della società la borghesia. li proletario vuole libertà, ma per quale motivo dovrebbe accettare l'interpretazione di essa della borghesia e unirsi al movimento della borghesia? Democrazia non è socialismo divenuto realtà; non è una immagine bidimensionale e politica dell'ideale tridimensionale e socioeconomico del proletario. Essa è uno stato delle cose sociale generale, con i suoi presupposti economici e sociali. Come concetto, democrazia si troverebbe nei dizionari di politica. Come movimento, comunque, l'oggetto della democrazia è non soltanto la politica ma l'essere umano e la società umana nel suo insieme, in tutte le sue dimensioni economiche, politiche, legali, amministrative, etiche, ecc. Se democrazia, come movimento, si confina alla politica e alla amministrazione della società, assumendo le sembianze di un movimento per riforme amministrative e politiche, è precisamente perché presuppone - e preserva anche - la situazione economica e sociale prevalente. Proprio come il socialismo operaio, la democrazia come movimento parla non solo di politica e di diritti politici individuali ma della intera società e tutte le sue dimensioni. Quindi, socialismo operaio e democrazia come movimenti non sono complementari, ma in lotta tra loro. Lo sviluppo del socialismo operaio significherà senza dubbio il declino della democrazia, del nazionalismo, e cosi via, come movimenti sociali.

Essendo una causa, la democrazia è una speciale espressione e spiegazione della libertà in generale. Questa è la maniera speciale in cui storicamente una classe determinata, la borghesia, ha parlato di libertà. Il marxismo ha la propria concezione di libertà. La comprensione marxista della libertà umana e la relazione tra individuo e società è una critica demolitrice anche della democrazia. Marx comincia dall'essere umano, e non da quantità, maggioranze e minoranze. In realtà l'unica maniera con cui la borghesia può compromettersi alla causa della libertà e dell'uguaglianza degli esseri umani è precisamente questa, rafforzare la sua posizione ineguale nella produzione e dare una parvenza di libertà e uguaglianza formali e legali tra individui, Il punto di partenza per la democrazia non è l'essere umano, in quanto entità data, legittima e inviolabile, ma l'individuo, in quanto unità numerabile. In democrazia, l'essere umano è ridotto a voto, I nostri democratici oggi dimenticano quanto il riconoscimento di operai, donne, immigrati, indiani d' America, neri, in quanto individui numerabili, e l'estensione ad essi della democrazia, è essa stessa stata il risultato di decenni di lotte non democratiche di persone contro le democrazie esistenti; che persino questo non è stato ancora realizzato in gran parte delle democrazie che essi venerano, I nuovi democratici iraniani all'estero, ad esempio, hanno dimenticato che essi stessi, come immigrati nelle culle della democrazia, non hanno diritto alcuno nelle stesse elezioni di scegliere tra i Mitterrand e i Le Pen, le Thatcher e i Kinnock. Dubito persino che la maggioranza di costoro riconoscerebbe lo stesso diritto all'immigrato afghano nel loro democratico Iran. Dimenticano che un voto, il voto di un essere umano, è tanto inutile e inefficace per una democrazia quanto lo è per i sistemi più autocratici; e ciò è segno della mancanza di valore dell'essere umano in quanto essere umano, per la democrazia. Essi dimenticano che dovunque l'obiettivo dei diritti umani nel vero senso e la questione dell'uguaglianza umana sono stati genuinamente sollevati, la borghesia ha tratto vantaggio di questo stesso concetto di democrazia e di voto, contro la libertà e la lotta per la libertà. Essi dimenticano che in ogni momento dato democrazia è un equilibrio di forze tra umanità e società borghese anti-umana. Non entrerò qui nel principale dibattito marxista circa il rapporto di libertà politica e diritti individuali con la base economica e la necessità della trasformazione economica della società per la realizzazione dell'emancipazione politica degli esseri umani, perché credo ogni marxista dovrebbe conoscerlo a memoria.

Per essere difensori della libertà, noi comunisti non abbiamo bisogno di comprometterci o trarre ispirazione dalla democrazia. Noi siamo critici della democrazia dal punto di vista della libertà e dell'uguaglianza per gli esseri umani. Per noi la base è l'essere umano. Il nome della nostra difesa di libertà, il nome della nostra convinzione nei diritti collettivi e individuali degli esseri umani e il manifesto della nostra lotta per stabilire questa libertà e uguaglianza è socialismo. Noi difendiamo i diritti dell'essere umano non solo nelle dimensioni legali e politiche ma anche nelle dimensioni economiche più fondamentali, perché noi siamo socialisti. Questo per noi è un punto di principio, anche se la borghesia dovesse avere la popolazione del mondo intero a votare contro questi diritti.

Il compito è persino più chiaro nel caso del nazionalismo, dal momento che questo non è neanche una distorta versione di ideali umani di giustizia e uguaglianza. Guarda tu che messaggio ha il nazionalismo per le persone espropriate nel mondo. Tutta l'essenza del nazionalismo è appoggiare la propria classe dominante - nel suo sfruttamento, nelle sue guerre, nel seminare superstizioni, nel violare i diritti umani. In quanto movimento e corrente politica, il nazionalismo è un mezzo per il regolamento di conti interno della borghesia internazionalmente, e per la lotta intestina delle varie sezioni di questa classe circa la fetta di ciascuna nel processo di accumulazione del capitale. Il nazionalismo è stato ideologia ufficiale dell'imperialismo. Il fatto che il nazionalismo della borghesia in Paesi meno sviluppati o tra nazionalità oppresse, per un breve periodo nella storia, si è trovato esso stesso in opposizione a certi aspetti dell'imperialismo, ha condotto la sinistra non proletaria, la cui essenza è fatta dello stesso nazionalismo, ad abbracciare e riabilitare il nazionalismo. Ma l'operaio comunista e il marxismo vedono nel nazionalismo l'immagine della borghesia e niente altro. Secondo me, il nazionalismo, come pensiero e come tendenza, è tra le superstizioni delle epoche buie da cui gli esseri umani dovrebbero liberarsi. Da un punto di vista ideologico, nazionalismo vuoi dire separare gli esseri umani dal loro comune carattere umano e universale. Nazionalismo è in contraddizione con il primato dell'essere umano. In ogni caso, la sua conseguenza sociale è la frammentazione della classe operaia e l'indebolimento del campo della rivoluzione dei proletari. Un operaio o una operaia che, invece di descriversi come essere umano e proletario, si considera britannico, tamil, indiano o iraniano, si è già inchinato per ricevere il giogo di schiavitù e oppressione. A mio parere, il pregiudizio nazionale è un sentimento veramente vergognoso; non soltanto non ha alcuna compatibilità con il socialismo operaio, ma è contradittorio con qualsiasi tipo di avanzamento morale degli esseri umani.

Il riformismo si suppone che sia la corrente che può dimostrare che migliora le condizioni materiali. In fin dei conti, la giornata Iavorativa è stata abbassata da dieci a otto ore, e qualcosa chiamato assicurazione di disoccupazione è stato garantito in qualche posto. Dopo tutto, stanno vaccinando alcuni nostri bambini, e cosi via. Non considero questi dei meriti dei movimenti riformisti. Noi vogliamo ognuna di queste riforme con tutto il cuore. Ma la corrente sociale che intercede per l'essere umano con la borghesia e, promettendo di lasciare intatte le fondamenta della società presente e giustificando la base di questo sistema, riceve concessioni minori dalla borghesia non può essere il movimento del proletario alla fine del XX secolo. Il riformismo assottiglia e oscura le prospettive della lotta degli operai per cambiare la società. Le riforme esistenti sono state il risultato della lotta e della pressione rivoluzionarie degli operai e delle masse espropriate. Il riformismo tiene in stallo questa lotta e questa pressione. Il socialismo operaio può da solo direttamente e senza bisogno di alcun mediatore combattere per l'imposizione di riforme alla borghesia. Per noi tali riforme sono solo una piccola parte di ciò che il nostro movimento può compiere. Se fosse stato per noi, cioè proletari e socialismo operaio, non avresti avuto bambini che muoiono ogni minuto per fame e mancanza di medicine in posti come il Sudan, il Bangladesh e i ghetti delle capitali di democrazia e riforma. Se fosse per noi, cibo, vestiario, alloggio, educazione, assistenza sanitaria, sicurezza economica sarebbero liberi e disponibili come l'aria che respiriamo. Se fosse per noi, il fiorire di ogni creatività, di ciascuno, e non la sopravvivenza, diventerebbe la legge fondamentale della società. Tutto questo è possibile fin da ora; non dovremmo avere dubbi su ciò. Le forze produttive del genere umano sono avanzate a tal punto che la sopravvivenza di miserie economiche e sociali non può più in alcun modo essere attribuita ad altro che i rapporti sociali esistenti. Il riformismo tiene precisamente questa verità lontano dalla nostra vista; esso riduce le aspettative di cambiamento dell'essere umano e soffoca la protesta.

Nella sua tensione per libertà politica e riforme sociali, il socialismo operaio è un movimento per suo conto. La nostra lotta per l'organizzazione della rivoluzione sociale, la rivoluzione dei proletari, non fa abbandonare dal nostro movimento ai movimenti sociali delle altre classi il campo della lotta per il miglioramento continuo della situazione. Anche in questo campo, il socialismo operaio è una alternativa indipendente.

È in questo senso che io considero il socialismo operaio in conflitto non solo con la società borghese ma anche con i critici borghesi di questa società e con i movimenti non proletari che vogliono condizionarla e riformarla. Proprio perché noi consideriamo il miglioramento nella situazione politica e economica cosi importante, non possiamo abbandonare la lotta per esso a movimenti che promettono i cambiamenti più limitati e distorti. Movimenti che, tra l'altro, in tale modo fanno scudo e preservano la globalità del sistema presente dalla critica pratica della classe operaia.

Si traduce questo in un atteggiamento ostile o indifferente verso i movimenti di riforma non di classe operaia? Niente affatto. Uno non può essere nel campo della lotta per un cambiamento e allo stesso tempo gettar fango su coloro che, per qualsivoglia interesse, vogliono lo stesso o parte dello stesso cambiamento. Mi sto riferendo qui alla relazione di movimenti sociali tra loro e alla relazione di ciascuno con la popolazione e in particolare con la classe operaia. La differenza basilare tra il socialismo operaio e le tendenze riformiste non proletarie dovrebbe esprimersi nel tendere a limitare la loro influenza e prevenire la loro prospettiva di dominare il movimento sociale per cambiare la situazione. Questo, comunque, sarebbe un risultato di un socialismo operaio capace di giocare il ruolo di una alternativa reale sulla scena politica. La lotta per eliminare l'oppressione nazionale andrebbe rafforzata indebolendo contemporaneamente la visione nazionalista e la forza sociale del nazionalismo. La lotta per libertà politica andrebbe espansa senza permettere che crescano illusioni nel repubblicanismo e parlamentarismo borghesi. Il comunismo può capeggiare il movimento per le riforme e per la abolizione della oppressione nazionale, può essere una forza agente nella lotta per migliorare la situazione attuale degli operai, e spingere questi movimenti nel loro insieme avanti, senza dover concedere o dare spazio libero a riformismo e nazionalismo.

D: Che relazione specifica ha il dibattito sul comunismo operaio con la sinistra iraniana? Cioè, fino a che punto vedi il tuo attuale punto di vista costruito sugli sviluppi nella sinistra iraniana? Come è collegato questo dibattito alla situazione della sinistra radicale iraniana dieci anni dopo la rivoluzione del 1979?

Mansoor Hekmat: Dobbiamo qui separare due problemi. Primo, il rapporto del comunismo operaio come sistema critico di pensiero con lo sviluppo teoretico e politico della sinistra iraniana, e secondo, a un livello più specifico, il corso particolare che ha portato noi, particolari individui, a queste concezioni.

Per vedere il comunismo operaio come un movimento sociale e un sistema politico di pensiero, non c'è alcun bisogno di riferirsi alla sinistra iraniana e ai suoi svolgimenti; non vi è nulla di specificamente iraniano in questa tematica. Il socialismo operaio è una forza materiale e oggettiva nella società capitalista e la sua teoria e concezione del mondo è il marxismo. Andando ad analizzare, il nostro dibattito attuale sul comunismo operaio non è stato affatto dedotto dallo sviluppo della sinistra iraniana o della lotta di classe in Iran, meno che mai basato sugli sviluppi del Partito Comunista d'iran. Esso è un punto di vista comunista generale, e una sua valutazione, sullo stato del movimento di classe e il destino del socialismo in quanto teoria e pratica sociale. Comunque, è ovvio che io come singolo individuo sono arrivato a queste valutazioni e punti di vista attraverso una certa esperienza politica. Noi siamo gli attivisti della più recente generazione del comunismo in Iran; abbiamo fatto la nostra parte nel formare la coscienza e la pratica politiche del movimento socialista a noi contemporaneo in questo particolare Paese, abbiamo fatto agitazione, abbiamo organizzato e portato avanti demarcazioni e unificazioni in questa sinistra radicale. Nonostante ciò, anche in termini di concetti generali, la nostra conclusione attuale - in quanto stiamo parlando dello sviluppo intellettuale di queste persone - sta nella continuazione storica della nostra esperienza politica.

Ma anche questa esperienza politica non andrebbe vista come meramente locale o nazionale. Se l'attività politica di questi individui è stata soprattutto limitata a una precisa geografia politica, come comunisti e socialisti essi sono stati influenzati e hanno reagito a problemi e osservazioni più ampi e più internazionali. Questo è vero non soloper noi nel Partito Comunista d'Iran, ma anche per tutti gli attivisti della sinistra iraniana, anche coloro che hanno una nozione di sé stessi e della propria identità politica estremamente nazionale, parrocchiale e limitata.

Credo che dieci anni dopo la rivoluzione del 1979, un ripensamento fondamentale all'interno della sinistra iraniana sia inevitabile. La sinistra radicale iraniana ha provato la sua irrilevanza nella società, ha visto il suo intero radicalismo populista e riformista venire criticato e evaporare nell'aria, e come ciò che apparentemente era una volta sufficiente base teorica e pratica per una battaglia eroica contro l'autocrazia monarchica abbia perso la capacità di affrontare i più elementari problemi della lotta politica, di adunare la benché minima forza e unità per una qualche forma di protesta sociale o perfino una manifestazione come setta. Tale esperienza crea una tendenza verso un ripensamento e una rivalutazione specialmente tra chi l'ha subita. Ma ciò che ha fornito a questa rivalutazione i suoi attuali caratteri e risultati è certamente la situazione del socialismo internazionalmente. Penso che l'esperienza oggettiva della rivoluzione del 1979 stessa, il consolidarsi della reazione borghese-islamica e l'incubo che ancora sta vivendo la popolazione iraniana sono stati il risultato di una situazione internazionale; portano, in particolare, il marchio della crisi del socialismo borghese e del radicalismo non proletario a un livello internazionale. Gli sviluppi in Cina e in URSS e la sconfitta totale del socialismo borghese di fronte all'offensiva della tendenza di destra all'interno della borghesia internazionale inducono la sinistra radicale in Iran a compiere il suo ripensamento su una scala mondiale e in riferimento allo stato di socialismo e radicalismo internazionalmente. E la inducono anche a riflettere sulla esperienza iraniana in un contesto globale.

Oggi in larga misura questo è stato fatto. I risultati ditale riflessione si manifestano nella forma di seri sviluppi teorici e organizzativi nella sinistra iraniana. Un vasto settore degli ex attivisti di questa, come risultato ditale situazione, direttamente è andato a destra. Riesaminato il loro precedente populismo e radicalismo, essi sono giunti alla conclusione che contenevano troppo poco nazionalismo e democrazia. Molti, tolto il velo del loro precedente radicalismo, si scoprono essere la nuova generazione dei nazionalisti e democratici iraniani e stanno celebrando a gran voce la loro scoperta. Questa tendenza si sta trasformando in Iran in una nuova socialdemocrazia e liberalismo che gode di una larga base sociale nella borghesia iraniana - una corrente di edificazione della economia, che diffida della rivoluzione ed è contro la classe operaia; una corrente che in fondo vuole trascinare la borghesia iraniana via dalle ali protettive dello scià, del Fronte Nazionale, dello Islam e del partito Tudeh, e portarla nella mischia della lotta di classe nel mondo alla fine del XX secolo.

Il comunismo operaio è anch'esso il prodotto di un riesame. Questa è la nostra valutazione di questo periodo e di questo mondo. A mio parere, la rivoluzione iraniana, malgrado la sua sconfitta politica, causò una immensa maturazione socio-politica. Uno dei suoi risultati fu colmare il fossato tra politica e economia nella società iraniana. L'epoca della repressione monarchica fu l'epoca dello sviluppo capitalistico, da una parte, e della sclerotizzazione della sovrastruttura politica, dall'altra. La rivoluzione tolse i ceppi alla politica. Quindi gli sviluppi politici che alla lunga erano divenuti necessità oggettiva - in particolare all'interno dell'opposizione iraniana - si svolsero in un breve periodo, come a tempi accelerati. I capitoli delle correnti tradizionali della opposizione borghese venivano rapidamente aperti e poi richiusi. La sinistra radicale, dai Fedayn (guerriglia) al socialismo populista, emerse per uno o due anni, venne criticata dalla società e lasciò la scena. Si fecero avanti nuove forze di classe, che recintate dalla repressione non si erano ancora manifestate apertamente in politica. Il più importante di tutti fu il movimento dei proletari, e al suo interno il socialismo operaio. Questo trasformò la sinistra iraniana. La stessa realtà che forza lo stato borghese in Iran a lanciare i Consigli Islamici, mise sotto pressione la sinistra iraniana nazionalriformista, anti-regime e non classista. Un nuovo genere di sinistra radicale prese forma, riflettendo specificamente la pressione di questo socialismo operaio. Il Partito Comunista d'Iran è nello specifico il prodotto di questa situazione.

La presentazione del dibattito sul comunismo operaio proclama la fine della coesistenza del socialismo operaio con il radicalismo nazionalriformista della opposizione non proletaria in Iran. Vuoi dire esattamente separare il destino del socialismo operaio in Iran da quello della sinistra radicale non operaia e la sua storia. Comunque, ciò implica gettare le basi di questo movimento sulla storia mondiale che gli è propria, in opposizione alla borghesia e al socialismo non proletario. Il mio riesame, individualmente, della esperienza degli ultimi dieci anni mi ha quindi portato a conclusioni completamente differenti. La sinistra iraniana e anche il Partito Comunista d'Iran andrebbero guardati dal punto di vista di un movimento di classe e perciò extranazionale, dal punto di vista di un movimento mondiale per il cambiamento sociale. Da questa prospettiva, in controcorrente a un socialismo che declina, uno può chiaramente vedere un altro movimento socialista che poggia su altre fondamenta di classe, incorporato in altra protesta sociale; un movimento socialista che è vivo e sa come rispondere. Considero me stesso un attivista di questo movimento e, senza rispetto per la maniera in cui l'opposizione di sinistra della borghesia iraniana vede sé stessa, incurante di ciò che è accaduto al movimento statal-capitalista nel mondo, senza riguardo a che cosa nella loro mente il marxismo sia e che cosa non sia, in quanto attivista del movimento sociale di protesta dell'operaio, devo preoccuparmi della organizzazione e sviluppo di questo movimento. Ne consegue che con il dibattito del comunismo operaio siamo venuti fuori da questa esperienza con il marxismo e la protesta di classe. Ciò è diametralmente opposto al corso generale preso dalla sinistra radicale iraniana che ha mostrato la sua maturità politica proprio enfatizzando la sua mancanza di convinzioni sia nel marxismo sia nella protesta classista.

Lo credo che nel prossimo periodo il comunismo proletario da una parte e il neoliberalismo e la socialdemocrazia dall'altra formeranno le principali tradizioni di lotta e tendenze partitiche nella opposizione iraniana. Tutti gli esistenti partiti e correnti di sinistra subiranno una metamorfosi e si polarizzeranno sotto l'impatto di queste due principali tendenze. Allora l'arena politica in Iran sarà allestita veramente in corrispondenza alle realtà economiche della società. L'attività di partito in nome della sinistra in mezzo a queste due tendenze sarà nulla più che gli stessi trambusti settari della vecchia generazione di attivisti della opposizione iraniana, senza molte serie conseguenze sociali.

D: Una vecchia obiezione fatta ai comunisti in generale, concernente la questione del peso economico e numerico degli operai nel capitalismo contemporaneo, può anch'essa venire sollevata contro la tua tematica. La tesi sarebbe che come risultato della crescita tecnologica e la rivoluzione tecnologica gli operai come classe non sono più in senso quantitativo la forza di cui Marx parlava, essi non formano la maggioranza nella società, e perciò l'alternativa comunista perde la sua base sociale. Questa visuale è comune nei partiti "comunisti ", gli eurocomunisti, la 'nuova sinistra', e, coìl via, in Europa. Anche se solo in teoria, questi partiti hanno teso a ampliare e diversificare la loro base sociale. Questo è l'opposto di ciò che voi state facendo. Essi possono semplicemente dire che il vostro comunismo operaio non sarà a lieto fine dal momento che come classe gli operai non hanno il loro precedente status economico e peso numerico. Qual è la tua opinione in proposito?

Mansoor Hekmat: Questa è una critica molto utile perché ci permette di chiarire ancor meglio le nostre differenze radicali con il comunismo e socialismo esistenti e con certe sinistre. La questione di cosa è il peso numerico, economico e politico dei proletari nella società attuale e quali cambiamenti ha attraversato in paragone, per esempio, con i tempi della pubblicazione del Capitale, la rivoluzione d'Ottobre oppure la Il Guerra Mondiale, è una questione oggettiva; può essere valutata oggettivamente e non ha bisogno di una risposta ideologica. Esattamente da questo punto di partenza oggettivo, credo che coloro che non sono preparati a vedere la crescita immensa del lavoratore salariato nel mondo contemporaneo, comparata a qualunque altro periodo precedente, guardano certamente il mondo attraverso lenti ideologiche antisocialiste. Quando Marx scriveva il Capitale, il capitale come rapporto di produzione, rapporto basato sull'impiego di lavoro salariato, era stato instaurato solo in una manciata di Paesi. La maggior parte dei Paesi le cui statistiche su forza lavoro e occupazione sono ora registrate all'lLO non esistevano neanche, probabilmente, nella mappa economica e politica mondiale di quei tempi. Ora, ovunque nel mondo lavorare da salariati per il capitale è divenuto la maniera di guadagnarsi da vivere per la grande maggioranza dei produttori. Dietro queste obiezioni si nasconde un gretto eurocentrismo e un ingenuo tentativo di giustificare il riformismo in Europa occidentale, dato che chiunque può paragonare la Germania del 1920 con Corea, Taiwan, Brasile, Sudafrica, e cosi via, di oggi, oppure Cina e India attuali con quelle di 50 anni fa, e arrivare alle appropriate conclusioni statistiche. Inoltre, è strano che la tematica della rivoluzione e il movimento del proletariato industriale moderno dovrebbe esser meno applicabile oggi di 50 anni fa - per non parlare di 150 anni fa - quando gettando un'occhiata a qualunque giornale in qualunque lingua sia scritto, si vede discutere di produzione, salari, accumulazione, produttività, e lo scontro tra gli stati e le organizzazioni operaie. Queste obiezioni sono assurde. Sono le giustificazioni del socialismo borghese che spera di fare le sue scuse apparentemente scientifiche per il suo estraniarsi dalla classe operaia e dalla protesta operaia, oppure per corroborare teoreticamente la propria lealtà a parlamento e parlamentarismo agli occhi della borghesia. lo credo che il proletario mai come oggi è stato tanto potente nella arena politica e economica.

Ma per qualunque osservazione statistica e obiettiva della situazione della classe operaia che si possa fare, la nostra replica a tale obiezione è una soltanto. Ammettiamo per un momento che gli operai formino una classe di minoranza e che il loro peso economico sia crollato. E con ciò? Noi siamo gli attivisti del movimento di protesta dell' operaio. Noi ci battiamo per l'instaurazione della alternativa sociale e economica del proletario in quanto classe. In forza di rapporti statistici riguardanti il peso delle classi, possono cambiare il loro movimento e la loro causa solamente coloro che hanno tale scelta a disposizione. Il comunismo operaio è il movimento sociale e politico di una classe, sia che questa classe costituisca il 20% o il 51% della popolazione. Ciò non fa differenza per noi. La posizione del proletario nella produzione non cambia. Le fondamenta economiche della società non cambiano. L'alternativa di questa classe per l'organizzazione della società umana non cambia. Il proletario ancora deve vendere la propria forza lavoro quotidianamente per poter vivere, e quindi vede il mondo dallo stesso punto di vista e offre la stessa soluzione. Il comunismo non è un'idea economica e sociale oppure la prescrizione per la cui realizzazione Marx si suppone abbia cercato e scelto la classe operaia dal mazzo di tutte le classi. Questo è come la maggior parte della sinistra ha compreso il rapporto tra il marxismo e la classe. Non c'è da meravigliarsi allora che il nostro socialista, che ora immagina che gli operai si siano ridotti di numero e non formino più la maggioranza, debba cercare un nuovo agente esecutivo per il raggiungimento del comunismo, oppure scartare il tutto e cercare quale sistema le classi maggioritarie ora vogliono e aderire a quella causa. Il socialismo non è una corona indossabile da qualunque strato e classe sociale. Esso è la causa dei proletari in quanto classe sociale determinata. Comunismo è il movimento dell'operaio per distruggere il capitalismo, abolire il lavoro salariato e farla finita con sfruttamento e classi. Da nessuna parte Marx ha giustificato il comunismo con l'idea che gli operai sono la maggioranza. Il punto di partenza è il proletario e il suo antagonismo al capitale. D'altronde, si è forse la lotta per la uguaglianza tra donne e uomini basata, o giustificata sul fatto che le donne sono la maggioranza? Sono i neri la maggioranza? Cambierebbe la causa e la lotta di un attivista dei movimenti per i diritti delle donne o per l'uguaglianza razziale in forza delle statistiche su donne e persone di colore? Perché dovrebbe essere differente il comunismo come movimento della classe operaia? La verità è che mentre è possibile vedere in maniera evidente che la protesta delle donne e delle minoranze è radicata nella loro posizione oggettivamente data nella società, il cosiddetto movimento comunista e socialista esistente non può appellarsi a tale connessione oggettiva con l'operaio come entità socialmente determinata. Se il comunismo esistente rappresentasse veramente la protesta della classe operaia, allora questa obiezione sembrerebbe altrettanto assurda come l'esempio delle donne che facevamo. Una tale problematica o una tale affermazione nemmeno sorgerebbe nella tradizione del pensamento comunista. Ma il comunismo contemporaneo si trova in realtà nella stessa posizione del socialismo utopista del tempo di Marx, cioè un insieme di idee e modelli da essere applicati da classi sociali. Comunismo è divenuto la parola d'ordine di partiti riformisti non operai che per realizzare il loro programma hanno avuto bisogno della forza degli operai. Dunque ora se qualcuno afferma che gli operai non sono la stessa forza di una volta o che la teoria marxista ha decisamente esagerato il significato sociale dei proletari, allora queste correnti cosiddette comuniste devono portare le loro mercanzie altrove: tra popoli oppressi, studenti, contadini, ecc. Ecco cosa è avvenuto finora. Ma il proletario rimane dov'è, con la sua situazione oggettiva, con la sua protesta contro il sistema salariale e la proprietà privata, con la sua soluzione vera per il genere umano, e non può protestare contro il sistema presente se non con il comunismo. Noi siamo gli attivisti di questo movimento. Questo movimento, e soltanto esso, è la nostra replica allo stato presente delle cose. Qualche professore universitario ex comunista può da domani diventare "verde", socialdemocratico, nazionalista, o persino mistico; la classe operaia no.

Si può dire che uno va avanti con la propria protesta comunista e di classe, ma con i cambiamenti che si sono verificati nel peso proletario nella economia e nella società, la vittoria è impossibile; oppure che la legittimità della rivoluzione verrebbe messa in discussione dalla maggioranza della società. Oltre a considerare questa una vuota retorica da parte del capitale contro l'operaio, la mia risposta è che per la vittoria non è necessario per i proletari essere la maggioranza, dal momento che il contesto ditale vittoria non è un referendum in un giorno di sole. La società viene sovrastata da crisi e rivoluzione. Questa è la regola fondamentale del mondo capitalista. Nel corso di questo periodo rivoluzionario prendono forma aggruppamenti sociali intorno alle soluzioni e agli slogan delle principali classi della società: la classe operaia e la classe capitalista. La classe operaia trionferà perché è la spina dorsale della produzione nella società esistente, la guida della nuova società e la classe sociale che possiede una soluzione reale per la sofferenza umana nel suo insieme. La borghesia non ha mica preso il potere in modo diverso, senza essere mai numericamente altro che una insignificante minoranza. Interessante che quelle stesse persone che oggi mettono in questione la legittimità della rivoluzione dei proletari sulla base del peso numerico delle classi, hanno già accettato la legittimità del governo di una insignificante minoranza, la borghesia. La forza della classe operaia non sta solo nella sua stazza. Questa forza essenzialmente poggia sulla posizione ditale classe nella produzione capitalista e nella oggettività e verità della soluzione che il proletario pone alla società nel suo insieme. Può venire il giorno in cui gli impiegati statali e privati costituiscano la maggioranza, proprio come i contadini in certi periodi della storia. Ma il conflitto sociale, che deciderà anche le sorti di questa stessa presunta maggioranza, è il conflitto tra le principali classi sociali nella produzione sociale e tra le loro prospettive e alternative. Finora, la società borghese ha rivelato il suo completo stallo e la sua incompatibilità con la felicità e l'integrità umana. Il comunismo proletario ha la risposta a tale impasse.

L'epoca della dimostrazione di forza degli operai sulla scena politica sta di nuovo arrivando, e questa volta, a mio parere, in particolare nella culla del capitalismo e in quei centri dove il peso dei proletari, secondo quanto si asserisce, è declinato. Penso che le realtà dei prossimi anni faranno entrare, meglio di qualunque ragionamento, la reale forza degli operai nelle teste degli ex-socialisti e dei loro nuovi partiti.

D: All'inizio della nostra conversazione facevi riferimento all'esistenza e confrontazione di differenti tendenze nel Partito Comunista d'Iran. Ma caratterizzazioni quali destra, sinistra e centro non esprimono ancora gli attributi sociali e teorici di queste tendenze. Qual'è la tua spiegazione delle caratteristiche politiche e sociali di queste tendenze?

Mansoor Hekmat: Bene, per far questo dobbiamo anzitutto comprendere il processo da cui questo partito è emerso e le influenze ricevute dagli sviluppi sociali esterni. li Partito Comunista d'Iran emerse da un movimento nella sinistra iraniana che si proclamava "Marxismo rivoluzionario". La struttura concettuale di questa corrente consisteva di una critica al populismo e un ritorno alla ortodossia marxista. Attraverso la disintegrazione dei socialismo populista, come corrente critica di questa tendenza, emerse il PC d'Iran. Ma in realtà altre correnti sociali e politiche presero anch'esse parte alla formazione ditale partito. inoltre, il "marxismo rivoluzionario" stesso era un fenomeno non uniforme, e nascondeva il conflitto più serio tra tendenze nel comunismo iraniano.

Appena analizzi le condizioni storiche in cui questa corrente venne alla luce, distingui due tendenze principali. Prima, il risorgere del movimento degli operai nel corso della rivoluzione [deI 1979] e il formarsi, o comunque venire in primo piano ditale movimento, di uno strato di proletari socialisti. In altre parole, con la rivoluzione il socialismo operaio in Iran divenne molto attivo. Seconda, simultaneamente a questo movimento di classe osserviamo una radicalizzazione intellettuale e politica all'interno della sinistra radicale non proletaria. La sinistra iraniana era un movimento della intelligenzia. Nei corso della rivoluzione questo movimento, distinguibile totalmente nella sua posizione sociale dai socialismo operaio, si volse verso un marxismo rivoluzionario e di principi, in opposizione al populismo, ecc. il "Marxismo rivoluzionario d'Iran" fu effettivamente una sola corrente, ma rappresentò l'allineamento e le mutue influenze di queste due distinte tendenze sociali. Era da una parte un ponte che praticamente univa queste due differenti tendenze sociali, e dall'altra una struttura comune per la continua coesistenza di socialismo operaio e radicalismo socialista della opposizione intellettualista. Dunque apparve una corrente radicale che rese la sinistra più radicale, ma in ultima analisi mantenne una causa comune tra socialismo operaio e radicalismo degli intellettuali di sinistra. Questa continuità e coesistenza furono il risultato dell'allineamento di entrambi questi movimenti nella lotta contro i caratteri salienti della opposizione di sinistra, il suo populismo, la circospezione con cui trattava il proletariato e la completa alienazione dalla teoria marxista. Per farla breve, il "marxismo rivoluzionario" in Iran, cioè la corrente particolare sotto la cui bandiera si formò il PC d'Iran, fin dalla nascita ebbe a fondamenta due differenti pilastri sociali. Fu il prodotto dell'allineamento e coesistenza di due differenti tendenze sociali: la critica marxista all'interno della sinistra non proletaria, con la sua campagna contro il populismo; e il socialismo operaio, con i suoi Consigli, scioperi e dirigenti di base. Ovviamente l'avanzata della critica marxista non poteva non portare la sinistra radicale verso la classe operaia e verso un maggiore adattamento ai socialismo operaio. il movimento critico teorico e politico che si sviluppò dentro la sinistra radicale in Iran stava in ogni modo rafforzando il socialismo operaio. Ma come tendenza politica definita, il marxismo rivoluzionario in Iran non era identico al socialismo operaio. Era un blocco antipopulista che ospitava differenti tendenze. Chiaramente, con la fine del populismo la vita utile di questo blocco arrivò anch'essa alla fine.

La disintegrazione dei populismo e la formazione del Partito Comunista d'Iran stesso, come prova pratica dei trionfo sui populismo, naturalmente doveva esaurire l'utilità di questo edificio comune, rompendolo fino ai suoi elementi costitutivi. Questo sviluppo, che significò un'importante fase nella storia dello sviluppo del socialismo operaio in Iran, si ebbe in larga misura sotto forma dello emergere di scissioni all'interno dei Partito Comunista d'Iran, dai momento che esso era divenuto il filone principale del socialismo radicale in Iran.

Questo edificio, questa struttura comune era in ogni caso la base principale e ufficiale per la formazione del partito. Il suo programma, richieste e tradizioni, tutto era stato accettato come i principi e verità sulla cui base il partito dovrebbe lavorare. Ma il PC d'Iran non rimase confinato a questa corrente e le sue tendenze costitutive. Un certo numero di altre significative tendenze fu coinvolto nel PC d'Iran. In Kurdistan, il nazionalismo kurdo aveva fin dall' inizio, sebbene in forme più radicali e di massa, avuto parte nella tradizione di lotta del Komala [Komala fu fondato nei 1969, come "Organizzazione Rivoluzionaria dei Lavoratori del Kurdistan". Dopo la rivoluzione del 1979, e nel corso della polarizzazione dentro la sinistra iraniana, fu una delle maggiori organizzazioni a formare il Partito Comunista d'Iran nel 1983 Ed.]. Nel lI Congresso del Komala, il marxismo rivoluzionario divenne vittorioso ufficialmente. La tendenza nazionalista accettò passivamente, ma più tardi entrò nei partito nelle frange del Komala. D'altra parte, su scala nazionale, il PC d'Iran, e anche prima di esso le organizzazioni e frazioni cosiddette marxiste rivoluzionarie divennero un polo di attrazione per la sinistra radicale iraniana nei suo complesso. Quindi, con alcune modifiche, le varie tendenze che esistevano nella sinistra radicale entrarono inevitabilmente nei partito. Ci si può immaginare il Pc d'Iran nei 1983 come un veicolo per l'attività di tutte queste tendenze sotto lo ombrello generale dei "Marxismo rivoluzionario d'Iran". Era semplicemente naturale che in vista dello sviluppo del pensiero politico dentro il partito e, cosa ancora più importante, in vista dei cambiamenti oggettivi a scala sociale in Iran e internazionalmente, questo equilibrio delle tendenze non potesse tenere. La combinazione di questi fattori mosse le tendenze politiche nei PC d'Iran ciascuna lontano dalle altre; si svilupparono sinistra, destra e centro come risultato della evoluzione e sviluppo delle-tendenze interne dei partito in circostanze nuove.

D: Hai detto che queste tendenze divergevano sotto l'impatto di fattori esterni e interni al partito. Quali sono questi fattori e in quali forme si manifestano?

Mansoor Hekmat: Il fattore più importante, a mio parere, sono gli sviluppi che il movimento cosiddetto socialista nel mondo sta attraversando. Quando il "revisionismo" perde rilevanza, la sinistra radicale, che ha definito la sua identità in conto ai proprio "antirevisionismo", perde la ragione della sua esistenza. La sinistra radicale in Iran, compreso la corrente marxista rivoluzionaria che generosamente si era sollevata per una purezza teorica e un ritorno alla teoria di Marx, ha goduto di significatività e rilevanza essenzialmente in virtù della sua critica e opposizione ai revisionismo e non per essere una struttura per una protesta sociale e classista. Quindi quello che vedevamo era la linea ufficiale di partito perdere il suo carattere di sfida e critico davanti al mondo che io circonda e diventare una ideologia per un partito politico, una filosofia per il management di partito. Fu un fenomeno ben noto nel partito per lungo tempo che i suoi dirigenti scrivevano in modo che il giornale di partito sarebbe uscito e la radio avrebbe avuto programmi. Quel senso di legittimità e urgenza nell'aprire gli occhi sulle proprie idee in opposizione ad altre correnti sociali .una caratteristica dell'epoca della critica antipopulista - gradualmente spari. Ciò era inevitabile dai momento che la struttura di pensiero antipopulista del partito aveva compiuto il suo lavoro e prodotto i suoi frutti in termini organizzativi. Dopo la formazione dei partito, la vera preoccupazione divenne portare avanti le faccende dei partito. Misi l'accento su questo nell'editoriale del primo numero di Besooy-e-Sosyalism [la pubblicazione teorica dei Partito Comunista d'Iran. il primo numero venne pubblicato nei 1984 - Ed], un anno dopo la formazione dei partito. in ogni evento, possiamo osservare i sintomi iniziali di questo processo di divergenza delle tendenze nella forma della linea ufficiale che segna il passo e viene dominata dai feticismo della organizzazione. li letargo di questa corrente coincide con eventi teorici e politici molto importanti nell'intero movimento cosiddetto comunista. Ciò provocò una ondata di rivalutazione e revisione all'interno della sinistra radicale. Soltanto un comunismo che avesse le risposte per i problemi di questo periodo potrebbe mostrare io stesso slancio e fiorire persino in questo periodo.

Queste risposte derivavano non dai precedente impianto di pensiero ma dalla critica ditale impianto dai punto di partenza del socialismo operaio. in altre parole, quando le limitazioni dello impianto antipopulista e la sua incapacità pratica nella organizzazione di classe divenne evidente, il socialismo operaio - come tendenza presente nel PC d'Iran - cominciò a pronunciarsi, questa volta come tendenza distinta. In questo periodo vediamo apparire una differente letteratura da parte di questa linea che non è radicata nella tradizione antipopulista di pensiero. i dibattiti sulla questione dell'URSS, le discussioni sull'organizzazione della classe operaia, eccetera, sebbene pubblicati come linea ufficiale e negli organi centrali, erano palesemente critici ditale linea ufficiale e persino critici di alcuni fondamenti programmatici e concezioni basilari del partito. Secondo me, dopo la formazione del partito, la linea operaia, la corrente di sinistra, gradualmente .e dopo il lII Congresso, in maniera definitiva separa il suo corso dalla linea ufficiale dei partito. Per quanto concerne io stesso Partito Comunista d'Iran, la tematica dei comunismo operaio è portata avanti come sfida contro il centro. La corrente di sinistra dichiara che essa ha differenze sociali e di classe con il pensamento e la tradizione pratica prevalenti nel partito.

La situazione attuale delle tendenze di destra è anch'essa il risultato degli svolgimenti nei mondo esterno, li nazionalismo kurdo è particolarmente influenzato dalla situazione nella regione [del Kurdistan]. Ai di fuori del partito, possiamo vedere chiaramente quale è il binario morto di questa tradizione. La confusione politica e pratica del Partito Democratico dei Kurdistan [d'Iran] e delle correnti di opposizione in Irak non sfugge a nessuno. il nazionalismo che si è mantenuto in vita nel PC d'Iran adeguandosi a forme più radicali e prendendo a prestito un linguaggio marxista anch'esso risente di questo stallo. Nazionalismo è nazionalismo; la sua prospettiva sociale e la sua concezione dei mondo non cambiano per essere presenti nel PC d'Iran. La crisi dei socialismi borghesi su scala mondiale, l'inerzia della linea ufficiale del partito, e per finire il corso dello svolgimento della guerra Iran-lrak che assottiglia il raggio d'azione per le attività di queste forze, diminuiscono la flessibilità, la capacità di manovra, la resistenza di questa corrente. Aggiungi l'offensiva della sinistra nel partito, ed è chiaro che questa tendenza deve fare almeno una mossa e dichiarare in termini positivi le proprie posizioni e a partire da esse metter su una qualche resistenza.

Le tendenze di 'nuova sinistra' e socialdemocratiche sono nell'insieme il risultato della situazione internazionale recente. Gli avvenimenti attuali hanno aiutato un settore di attivisti della sinistra radicale a riconoscere le loro [reali] convinzioni politiche. Tutta la nostra argomentazione è stata che la sinistra iraniana era sostanzialmente una corrente democratica di antidispotismo. Dieci anni fa, per il prestigio del marxismo, la piccola borghesia iraniana dissidente articolò i suoi timori e inclinazioni nel nome dei marxismo. Ma perché dovrebbe mantenere questa copertura e questo titolo, ora che in tutto il mondo stanno dichiarando la fine dei marxismo?

E inoltre, la sinistra intellettuale iraniana ha appena trovato l'opportunità di arrivare a conoscere le correnti non marxiste di pensiero a una scala più ampia. in queste condizioni, con il gorbaciovismo in URSS e un buco nella cappa di ozono, eccetera, questa tendenza non si accontenterà facilmente di un partito nella specifica tradizione antipopulista per non parlare di venire al punto con il discorso attuale sul comunismo operaio.

Tutto ciò significa che nei Partito Comunista d'Iran, come nella società nel suo complesso, il socialismo non operaio arriva a un impasse e il socialismo operaio si separa dalla storia, teoria e pratica della sinistra non operaia. La situazione mondiale ha accelerato fortemente questo processo nei Partito Comunista d'Iran.

D: Se sia il comunismo operaio che la precedente struttura di pensiero dei partito rappresentano una enfasi e un ritorno alla ortodossia marxista, allora la tua critica oggi non dovrebbe includere una critica teorica della precedente concezione dei partito. E in effetti sembra che all'interno dei partito il comunismo operaio sia stato inteso come una critica non del vecchio sistema di pensiero del partito, ma della sua pratica. Pensi che questa concezione è corretta?

Mansoor Hekmat: No. Questo è, chiaramente, il modo in cui a molti compagni piace pensare, dai momento che in qualche modo dipinge la discussione attuale come poggiante sulla precedente e come a preservare in qualche modo la continuità storica dei partito. Credo che il comunismo operaio contiene una critica teorica seria dei sistema di pensiero noto come il Marxismo Rivoluzionario d'Iran. Che entrambi mettano l'accento sulla ortodossia marxista non è abbastanza, persino in un senso teorico, per considerarli identici. Tutto sta nella nostra differente concezione di questo marxismo e ortodossia. il che vuoi dire che il comunismo operaio come valutazione compie una critica seria dei nostro stesso passato intellettuale e politico. Fammi elaborare questo punto perché credo sia importante, in particolare rispetto ai destino di questa corrente [il comunismo operaio] nei Partito Comunista d'Iran.

Ho detto prima che io parto dai confronto di movimenti come fenomeni sociali, e che solo su tale base posso comprendere la contrapposizione di dottrine e sistemi di pensiero. il "Marxismo Rivoluzionario d'Iran" fu un movimento sociale politico-intellettuale. Era una impalcatura intellettuale per una tendenza reale che emerse nella società iraniana in un particolare periodo, producendo risultati assai tangibili e misurabili su scala sociale. Molti amano riconoscerlo come titolo che l'Unità dei Militanti Comunisti aveva scelto come gruppo comunista. Queste persone non sono neanche buoni storici. La verità è che il marxismo rivoluzionario d'Iran era una corrente critica all'interno della sinistra radicale non proletaria che, acquisendo una influenza che si allargava a macchia d'olio in questa sinistra tra il 1978 e il 1982, alla fine trasformò il profilo politico e teorico della sinistra. Questa corrente mise in questione il contenuto comune di tutte le tendenze nella sinistra radicale in Iran, cioè il populismo, e divenne uno strumento per uno scossone teorico fondamentale dentro quella sinistra, in realtà nella storia della sinistra iraniana abbiamo rare volte assistito a un caso tanto classico di una critica e un sistema critico che germogliano e diventano popolari. Proprio come acquista credito una scuola nella critica letteraria, pittorica o musicale, il marxismo rivoluzionario d'Iran si generalizzò allo interno della sinistra radicale. Idee che erano inizialmente pronunciate da un piccolo gruppo, molto presto trovarono portavoci, agitatori e difensori dappertutto nella sinistra. La pressione di questa corrente critica crebbe in tutte le organizzazioni [di sinistra]. Non solo emersero forti tendenze in favore ditale critica, ma i suoi avversari perfino, molto presto, ne presero a prestito la terminologia e le formulazioni. Questa corrente rappresentò lo spostamento a sinistra dei socialismo radicale in Iran. Molto presto comprese una forza tanto vasta che effettivamente divenne la corrente principale della sinistra radicale in Iran, trovando il più prestigioso e attivo partito politico della sinistra radicale, ossia il Partito Comunista d'Iran. Durante la rivoluzione del '79 la sinistra iraniana si polarizzò, il centro si disintegrò, la destra si spostò verso il partito Tudeh e la socialdemocrazia, e la sua sinistra, poggiando su questa critica marxista-rivoluzionaria dei populismo, maturò in una potente corrente di partito.

Chiaramente questa corrente critica raddrizzò la ortodossia marxista contro il populismo, e molti dei suoi attivisti non restrinsero o ridussero il marxismo a una critica dei populismo. Pure, come movimento sociale, questa critica rappresentava un profilo ben definito. Quello che noi, come attivisti e protagonisti di questa tendenza, capivamo del marxismo è un conto, e quello che veniva veicolato dal Marxismo Rivoluzionario, come movimento oggettivo, definito, è cosa ben distinta. Quest'ultimo aspetto è assai più significativo, ed è vero per tutti i movimenti. Diventa cemento intellettuale e oggettivo di un movimento complessivo soltanto quella parte delle idee e della coscienza dei dirigenti e attivisti di una corrente che corrisponde alle richieste e caratteri sociali-materiali di quel movimento. Un movimento arriva ad esser coinvolto in una determinata inquietudine sociale che non è una fotografia dell'intera prospettiva dei suoi attivisti, pensatori, e dirigenti. La corrente marxista rivoluzionaria rappresentava la radicalizzazione della sinistra intellettuale d'Iran sotto la pressione del socialismo operaio e l'autorità intellettuale dei marxismo che proprio allora veniva introdotto di prima mano nella sinistra iraniana, oppure almeno attraverso una interpretazione più di principio, In ogni modo, come tendenza, il marxismo rivoluzionario ricorse alla ortodossia nella misura in cui ciò serviva gli scopi di una sinistra non operaia attiva in una specifica rivoluzione. Forse molti attivisti di questa corrente avevano nelle loro menti una visione più vasta, o forse più limitata.

Il ricorso di questo movimento ai marxismo aveva luogo nel limite della specifica problematica sociale che esso stesso aveva posto. il comunismo operaio criticò e trasgredi questa stessa limitazione. Come risultato, esso stesso pose un insieme di problemi teorici e programmatici che essenzialmente non potevano esser posti, figuriamoci risolti, nella struttura dei marxismo rivoluzionario d'Iran. La questione cruciale è a quale punto nei corpo dei marxismo ciascuna di queste tendenze il "Marxismo Rivoluzionario d'Iran" e il comunismo operaio si riferisce. Una formulazione molto breve e semplificata della mia critica teorica attuale dei sistema di pensiero noto come "marxismo rivoluzionario d'Iran" sarebbe che questa corrente manca di una concezione storica e una comprensione sociale del marxismo come teoria e come movimento. A mio parere, questa tendenza fu interprete molto buona del marxismo come teoria - ovviamente, tanto quanto la causa sociale che perseguiva aveva bisogno di ricorrere al marxismo. Essa trasse da questa teoria conclusioni politiche e tattiche essenzialmente corrette. A tutt'oggi, ogni singola posizione presa da tale tendenza sulle questioni politiche chiave durante la rivoluzione del 1979 e dopo ha mantenuto la sua validità. Eppure il problema era che per questa corrente il marxismo era in fin dei conti pur sempre una teoria; una teoria che svelava e criticava le realtà dei mondo capitalista e esprimeva la critica del proletario della società capitalista. Questa critica e questa teoria erano il punto di partenza per concepire una pratica sociale. li marxismo rivoluzionario d'Iran cercò di organizzare un movimento pratico, e ovviamente di classe operaia, sulla base di questa teoria. Questa è una concezione rovesciata. La concezione astorica di questa corrente e il suo estraniamento da uno dei più fondamentali pilastri del marxismo si rivela esattamente qui. La corrente dei Marxismo Rivoluzionario d'Iran non ha ancora visto il marxismo - come teoria - nello stesso modo in cui Marx trattava la teoria in sé. in altre parole, essa trattava il marxismo stesso - come teoria determinata - in una maniera astorica e non sociale. Le Tesi su Feuerbach di Marx, che nella maniera più concisa esprimono la concezione di Marx del rapporto tra pensiero e pratica sociali e di classe, si applica anche ai marxismo in quanto teoria determinata. Uno non può considerare tutte le idee di Marx come prodotti della società, attribuire ad esse applicazioni storiche, misurare la loro verità o falsità con la loro pratica sociale, e allo stesso tempo capire il marxismo stesso come una idea astratta dalla pratica sociale e che ha su quest'ultima il primato, indipendentemente dalla sua applicazione storica, e come un insieme di assiomi veri circa il mondo oggettivo. Non serve aggiungere che le parti costitutive della teoria di Marx, la sua spiegazione dei differenti modi di produzione, della fonte del profitto, dell'origine dello stato, e cosi via, sono tutti principi scientifici e comprensibili in modo indipendente. Ma accettare questi non significa accettare il marxismo, dal momento che la fondazione dei marxismo è la critica; non critica da parte di una mente, del mondo ad essa esterno, bensi critica da parte di una determinata pratica sociale, un movimento materiale oggettivo, della società nel suo complesso. Uno non può raccogliere i principi marxisti come un insieme di convinzioni e chiamarlo marxismo. Marxismo significa stare in quella stessa posizione sociale nei contesto di quella stessa pratica critico-sociale che, per cominciare, rende possibile la applicazione di questi principi - come critica. Nei seminario [sul comunismo operaio] ho cercato di spiegare come questo specifico punto d'attenzione sociale e questa specifica pratica sociale è inseparabile dai marxismo in quanto teoria, e come marxismo non operaio è una contraddizione in termini.

Ho fatto riferimento a questa debolezza dell'impianto intellettuale esistente nei li Congresso. Ho detto che dovremmo tornare non solo alla teoria dei marxismo ma alla sua base e punto di riferimento sociale. il marxismo non è una critica scolastica e filantropica dei capitalismo. Esso è la critica del proletario come classe definita e come vivo combattente nella società capitalista. Essere in questa posizione sociale è, per un partito politico, un criterio per esser marxista altrettanto valido quanto accettare la teoria dei plusvalore. Per noi compagni, questo non era una revisione teorica dei precedente impianto, ma piuttosto un appello per un orientamento pratico verso la classe operaia. Ma, come facevo notare, questa è una questione profondamente teorica che si rivela, e infatti io ha già fatto, in serie differenze nella analisi teorica dei problemi che ci troviamo davanti. Vediamo un esempio ditali differenze nei dibattiti sulla questione sovietica.

Il Programma dei PC d'Iran, fedele alla tradizione del marxismo rivoluzionario d'Iran, attribuisce la sconfitta finale della rivoluzione proletaria in Unione Sovietica ai "dominio dei revisionismo". La nostra argomentazione, cioè la mia e dei compagno Iraj Azarin, pubblicata nel bollettino sulla questione sovietica, critica e rigetta proprio questa formulazione. invece di cercare le cause della sconfitta nella deviazione di questo o quello individuo dai marxismo come teoria, noi abbiamo come punto di partenza il movimento sociale della classe operaia, i suoi limiti, e la sua prospettiva o la mancanza di essa. Solo dopo passiamo ad esaminare le cause dei cambiamento nella applicazione del marxismo come teoria da parte dei movimento sociale di altre classi. Sullo stesso concetto di revisionismo noi rigettiamo il punto di vista dottrinario. Noi esaminiamo il revisionismo come il sistema intellettuale e la sovrastruttura di movimenti sociali. Noi siamo in conflitto con questi movimenti a causa della opposizione della classe operaia ad essi e non semplicemente perché hanno deviato dalla dottrina. Su altre questioni, anche, come la situazione internazionale, la lotta economica degli operai, le riforme, l'analisi della storia del comunismo, la determinazione di compiti e prospettiva del Partito Comunista, il lavoro comunista dentro la classe, e cosi via, possiamo notare serie differenze teoriche tra comunismo operaio e precedente schema di pensiero. Fin quando la vecchia concezione dirigeva la sua critica essenzialmente contro il populismo, queste differenze non vennero pienamente alla luce. Ho detto che in questo particolare campo, cioè fin quando il pensiero marxista prende come obiettivo il populismo, non si può dire molto di più o di differente. Ma appena il populismo è fuori e nuovi compiti, in particolare la questione della pratica comunista e la crisi dei socialismi borghesi, emergono, le falle dei precedente impianto di pensiero diventano cospicue.



Traduzione di Alfonso di Torino
Raccolta documentazione a cura di Mohamed Hassan Jabbar
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